C’è sempre una certa attesa quando arriva questo periodo dell’anno. Per me, per tanti altri, Play è da anni un appuntamento fisso, un rito ludico che si celebrava puntualmente a Modena. Ma quest’anno qualcosa è cambiato. Nuova location, nuova disposizione degli spazi, nuove abitudini da creare. E così, senza nemmeno accorgermene, mi sono ritrovato a Bologna per quello che, a tutti gli effetti, è stato un anno zero.

La prima cosa che ho pensato quando è uscita la notizia dello spostamento da Modena a Bologna è stata: oh no, e adesso dove andrò a mangiare la sera?! Cosa me ne farò di tutti i ristorantini segnati nella mia agendina, che Gambero Rosso levati proprio?
Questo non sarà il solito report chilometrico, con l’elenco dei giochi provati o degli stand visitati. Questa volta voglio solo raccontarvi com’è stato vivere questa nuova Play, tra aspettative, sorprese e qualche inevitabile spiazzamento. E se alla fine mi chiedete com’è andata, vi anticipo già la risposta: diversa, intensa, e forse — anzi, probabilmente — la migliore di sempre. Se la gioca con la mia prima volta. Ehm, la prima volta a Play intendo!

Fai tre giorni a Play e ringiovanisci
Sui miei social ho pubblicato un selfie che mi sono fatto mentre ero in coda per entrare il venerdì a Play, e l’ho messo a confronto con quello del lunedì successivo: a parte la drammaticità voluta — per creare un post scherzoso con il contrasto tra le due immagini, una rilassata e l’altra distrutta — ho notato quanto un sorriso e l’emozione di partecipare abbiano avuto un effetto ringiovanente su di me. Purtroppo, per migliorare la faccia c’è poco da fare… nemmeno Play può fare miracoli!
Ma questa cosa mi dà una certezza. Anzi, conferma delle certezze che già avevo: aggiungere il gioco nella propria vita porta beneficio.

Salto temporale
È sabato sera, ho accompagnato all’hotel il buon Luca Ciglione, così che potesse lasciare la borsa in camera, prendere la giacchetta (perché è un vecchietto peggio di me, nonostante sia nettamente più giovane all’anagrafe) e andare insieme a mangiare.

In ascensore, scambiamo due chiacchiere con una signora che nota un gioco nella mia borsa e attacca bottone. Anche lei è venuta a Bologna per Play. Ci chiede chi siamo, notando i loghi sulle magliette, s’informa e ci confida che è una fan di Alberto e Valentina, I Giullari.
Mette tenerezza. Ci proponiamo di presentarglieli, se si presenta l’occasione, ma lei, tutta contenta, ci dice di essere già riuscita a incontrarli.
Ci racconta che è dispiaciuta di essere arrivata così tardi a conoscere questo mondo, in età avanzata, ma che è stato merito di un’amica: l’ha aiutata in un momento delicato della sua vita e ora ha trovato una passione che l’ha fatta andare avanti. Ha scoperto Play e già non vedeva l’ora di tornarci.
Tutto questo in soli tre piani e una manciata di minuti nella hall — ma quanto parlava, sta signora? — però sono stati pochi minuti davvero emozionanti.
Per lei, Play è rinascita.

Un posto per dormire
Come mia consuetudine, anche quest’anno ho prenotato un albergo con netto anticipo, così da poter risparmiare qualche soldino. Poi, un paio di mesi fa, faccio un ragionamento: perché dovermi alzare alle 5 del mattino di venerdì, arrivare in fiera dopo ore di guida, fra code, clacson e bestemmie varie, per poi essere già morto prima ancora di cominciare? Anticipo di un giorno, mi godo la tranquillità.

Troppo tardi per aggiungere un giorno alla mia prenotazione: una notte sarebbe costata quanto l’intero importo delle tre notti precedenti. Quindi decido di cercare un’alternativa valida. Trovo qualcosa di accettabile che, nonostante alcune problematiche che non starò qui a raccontare, non è nemmeno male…

Per Play bisogna prenotare con largo anticipo! Poi devi capire se risparmiare sulla camera, e quindi allontanarti un po’ dalla fiera, sia più conveniente che non pagare ogni giorno il parcheggio della fiera. Quest’anno era a 15 euro, ma si sa già che l’anno prossimo i prezzi lieviteranno…
Play festival del gioco… Giocooo!
Sì, ma Ale, stai parlando di tutto tranne che della ciccia!

Avete ragione, voi volete sapere (giustamente) qualcosa sui giochi provati! In questo articolo farò un breve accenno, mentre approfondirò alcuni di questi giochi con articoli dedicati.

Ho giocato poco, lo dico subito a scanso di equivoci, perché i vari impegni con gli editori hanno risucchiato molto del mio tempo, soprattutto in orari ravvicinati, impedendomi di prenotarmi ai tavoli desiderati.

Ho fatto giocare tanto, allo stand di Weega (ve ne avevo già parlato qui), dove ho proposto Dig Your Way Out, gioco di cui avevo scritto un articolo in altri lidi, e che ha riscosso davvero successo grazie alla sua interazione diretta, coinvolgente, che ha conquistato tutti quelli a cui l’ho fatto provare. In più ho fatto giocare anche a Scout, gioco della Oink Games: un piccolo capolavoro formato da un mazzetto di carte e pochi segnalini. Se ancora non lo avete giocato, correte immediatamente a provarlo, anche perché ora che Ghenos Games lo sta portando in Italia non avrete più scuse!

Cosa ho giocato
Ho visitato diversi stand degli editori e ho provato alcune novità in anteprima, come ad esempio No More Dead: New York, nella Blu Room di Pendragon insieme ad altri “colleghi” creator.

Aspettatevi a breve un articolo, come già fatto in passato per The Eternaut e altri prima ancora, perché questo gioco mi ha davvero convinto.
Dico solo che, quando mi è arrivato l’invito via mail, non ne sapevo nulla. Anzi, nessuno ne conosceva l’esistenza: è rimasto tutto sotto traccia fino a Play. La mail, alla mia richiesta di maggiori informazioni, recitava: “zombie, gnam gnam!”. Non vedo l’ora di scrivere le mie impressioni, ma vi spoilero già una cosa: è molto divertente!

Intanto andate a questo link per seguire la campagna su Gamefound.
Da Red Glove erano presenti anche un paio di tavoli di Tesla Games, dove ho potuto finalmente provare Circadians: Prima Alba.

Inseguivo questo gioco da due anni, ma non ero mai riuscito a provarlo. Finalmente ho potuto farlo.
Gioco gestionale di J. Macdonald e illustrato da Sam Philips, con un bel sistema di programmazione delle azioni che si alterna su più fasi. Ben fatto e con un bel punto di forza nell’ambientazione.

Poi, allo stand 15, sono passato a trovare Filippo Landini allo stand di Saz Italia, che mi ha proposto il suo ultimo gioco, edito da Ravensburger: Gloomies.
Purtroppo non è arrivato in tempo per essere acquistato a Play, nonostante fossero presenti le locandine nello stand, quindi non molti hanno avuto la possibilità di provare quello che, per me, è stato il miglior gioco della fiera!

Un family game dalla grafica davvero accattivante, proposto a un prezzo molto abbordabile, soprattutto considerando la qualità del gioco e la quantità dei componenti. Due fasi di gioco: una di posizionamento dei fiori nei campi, l’altra di raccolta, in cui i giocatori dovranno completare gli ordini e cercare di sfruttare al meglio i vari bonus raccolti.
Meglio piantare subito tanti fiori comuni o diversificare, piantando anche quelli più rari, sapendo che poi, nella seconda fase, saranno più remunerativi?
Un gioco semplice e ben realizzato che mi sarei volentieri portato a casa da Play. Sicuramente ve ne parlerò meglio più avanti.

Sempre allo stand di Saz, mi alzo dal tavolo e mi siedo a quello a fianco, dai amici della DTG Publisher, dove trovo Tommaso Ceglia e Riccardo Corti, ma soprattutto Sub-Zero! L’avevo provato due anni fa a Modena, era poco più che un prototipo, anche se molto simile a com’è oggi. C’è una sostanziale differenza, però: quando lo provai all’epoca, non ne rimasi del tutto convinto, mentre ora l’ho trovato davvero un gioiellino! Esplora, Conquista, Sopravvivi. Nonostante la profonda asimmetria delle diverse fazioni, tutto gira a meraviglia. Ho fatto una partita uno contro uno e, nonostante abbia perso, mi sono alzato dal tavolo davvero molto soddisfatto e desideroso di saperne di più. Anche questo lo trovate su Gamefound andando a questo link e il mio consiglio è di non lasciarvelo sfuggire.

Da Creardo ho trovato il buon Emanuele Sassi Zanichelli che mi ha fatto provare Colleagues, un gioco di Giorgio Galbusera che inizialmente non avevo riconosciuto, ma che poi ho ricordato di aver già provato a IdeaG qualche anno fa. Come l’altra volta, ho capito il gioco a metà partita, perdendo malamente. Devi assegnare carte numerate dalla propria mano a delle mansioni, consapevole che il valore più alto “vincerà” l’incarico lavorativo, mentre il più basso ti metterà a rischio licenziamento. Insomma bisogna cercare di essere mediocri, lavorare il meno possibile, ma non così poco da rischiare di essere licenziati. Insomma, galleggiare nel mezzo. Una cosa troppo difficile per il sottoscritto, dove di norma o mi dicono bravo, oppure (più spesso) fai pena! Il gioco però è valido e piacevole, perfetto per due risate in compagnia magari di veri colleghi!

Da Cranio mi fermo con Gianluca di Boardgame Italia e Boardgame Francesco a provare Pirata Splash Vietato Cadere!, un gioco per bambini in cui l’obiettivo è accumulare tesori diversi durante la propria manche, girando carte una alla volta, in un push your luck dove chi sbaglia farà fare un passo avanti nella passerella al proprio elefantino, col rischio di farlo cadere in mare come nelle peggiori torture piratesche dei vecchi film. Ovviamente fuori target per noi, ma divertente e piacevole. Sicuramente farebbe la gioia di ogni bambino delle elementari. Francesco sono elefantini non maialini!

Otter non lo troverete in giro. Non ancora, almeno, perché è uno di quei giochi in cerca di editore, ma che sai già che farà il botto. Io lo vorrei ora, per farlo giocare a tutti i miei amici e sarei disposto a pagare anche profumatamente, nonostante si tratti di un semplice mazzetto di carte. Questo è l’anno delle lontre! Il gioco è semplicissimo: hai tre file di carte, dove in alto ci sono delle condizioni, in basso degli animali e al centro ci sono delle carte, sulle quali dovrai aggiungere altre carte dalla tua mano, cercando di fare matchare le condizioni in basso e in alto e scartandone il più possibile. Prima però potrai decidere se modificare una o due condizioni iniziali, acquisendo nuove carte come scotto da pagare.

Spiegato così non dice granché, ma le dinamiche di gioco, unite alla bellezza delle lontre, senza parlare delle implicazioni strategiche a cui portano le scelte delle condizioni, lo rendono un gioco molto, molto bello. Grazie a Francesco Biglia per avermelo fatto provare e Andrea Dado per aver giocato insieme.

Per finire, tornando da Cranio Creations, dove ho un evento insieme al Green Player Nicola e Claudia, Ian di MeepleorDie e Luca di Giochi sul Nostro Tavolo, giochiamo a Eroi di Barcadia. Tiriamo dentro un “ragazzo” dal pubblico, che probabilmente avrà la mia età, Moreno, molto simpatico e disponibile. Ero convinto si trattasse di un gioco brutto, lo ammetto, invece si è rivelato un gioco davvero divertente e ben pensato.
Un Dungeon Crawler dove i personaggi sono dei bicchieri e il cui livello di vita è pari al livello del liquido in esso contenuto. Birra nel nostro caso. I bicchieri si muovono su degli esagoni disposti precedentemente a caso, rivelando mostri e boss da affrontare, attivando trappole e abilità, proprio come in un gioco fantasy.

Peccato che il mio personaggio fosse così forte, perché ogni colpo subito mi avrebbe fatto perdere vita, dovendo bere dal mio bicchiere, ma la sorte si è accanita con il sottoscritto, facendomi sempre vincere gli scontri! Ho bevuto a fine partita.
Io questo gioco lo voglio, già me lo vedo in associazione insieme agli altri ubriaconi che giocano solitamente con me!

In conclusione
Alla fine sono andato per le lunghe anche a questo giro, avrei voluto essere più conciso, ma quando parlo di cose che amo divento come lo zio Colm della serie Derry Girls e non smetto più di parlare!

Play a Bologna è magnifica. Così ampia che solo il parcheggio è grande quanto tutti i padiglioni della fiera di Modena. I bagni sono tanti, puliti costantemente e senza le code chilometriche che erano un marchio di fabbrica della vecchia location. Il primo impatto è stato disorientante, mancando completamente i riferimenti a cui ero abituato, e anche alla fine del terzo giorno ho avuto ancora difficoltà a raggiungere a colpo sicuro padiglioni e stand che credevo di aver memorizzato.

Però, vuoi mettere la bellezza di giocare con i tavoli ben distanziati? Non sentire l’odore di sudore delle ascelle della gente, costretta a passarti a fianco strusciandosi per via dei corridoi colmi di persone ammassate tra loro? Certo, dover percorrere chilometri per spostarsi da un padiglione all’altro un po’ mi ha frenato dal girare la fiera come avrei voluto, ma lo trovo un compromesso accettabile.

Insomma, Play, mi sei mancata da morire e già conto i giorni che mi separano dal prossimo appuntamento, già annunciato: 10-11-12 aprile 2026… chissà se potrò portare dentro la fiera un monopattino!
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