Torniamo a parlare di giochi, visto che è da un po’ che in questo blog si latita, portando su queste “pagine” Orion Duel, un gioco astratto a tema spaziale per 2 giocatori dai 12 anni in su, della durata di circa 25 minuti a partita.
Dalle geniali menti di Andrea Mainini e Alberto Branciari, pubblicato da Matagot (che ha recentemente fatto annunci discutibili sulle prossime strategie di mercato, come spiegato bene da Geek Pizza in questo articolo), Orion Duel arriva in Italia grazie a Oliphante, che ringrazio per avermene donato una copia da fare giocare in LAM, l’associazione di cui faccio orgogliosamente parte. Lo so, non vi aspettavate un articolo… Dico a Oliphante, non a voi!
Come si gioca
Orion Duel è composto da una plancia suddivisa in esagoni, 14 tessere prevalentemente blu e altrettante arancioni, con dimensioni e forme variabili da 1 a 3 esagoni ciascuna, 8 gettoni galassia e 7 gettoni buco nero.
Distribuiti i gettoni galassia e i gettoni buco nero sulla plancia, rispettando le semplici regole di setup riportate nel regolamento, i giocatori potranno, a turno, posizionare una delle proprie tessere, cercando di raggiungere per primi una delle condizioni di vittoria prima dell’avversario.
Le condizioni di vittoria sono 3:
– Collegare le costellazioni
– Connettere le galassie
– Forzare l’avversario a connettere i buchi neri
La plancia di gioco rappresenta il cosmo, il cui perimetro esagonale riporta, nei lati estremi, 6 galassie, i cui opposti, se collegati da un serpentone di tessere dello stesso colore di un giocatore, portano immediatamente alla prima condizione di vittoria. Le tessere, durante il gioco, potranno essere posizionate liberamente sulla plancia di gioco sugli esagoni liberi. Ovviamente, non potranno sovrapporsi o uscire dai limiti del cosmo, ma potranno anche essere posizionate staccate fra di loro.
L’unico modo, però, di poter posizionare una tessera sotto un gettone galassia o buco nero sarà quello di connettere il colore che vi si posizionerà sotto con lo stesso colore presente adiacente su di una tessera precedentemente piazzata. So che non è di facile lettura, ma è più semplice comprenderlo con degli esempi.
Tornando alle condizioni di vittoria, la seconda è quella di annettere 4 galassie nel proprio sistema, tutte connesse tra loro. Significa che le galassie non basta averle sopra gli esagoni del proprio colore, ma devono essere direttamente collegate fra loro, senza interruzioni. Terza e ultima condizione di vittoria è quella di infilare i buchi neri sopra le tessere del colore dell’avversario, anche in questo caso direttamente collegate fra loro.
Il regolamento di quattro paginette è chiaro e non lascia spazio a dubbi. In caso si arrivasse a fine partita senza la vittoria di uno dei giocatori, si procede al conteggio assegnando un punto per ogni galassia presente sopra le tessere del proprio colore, meno un punto per ogni buco nero.
Metto le mani avanti
Non amo particolarmente gli astratti e non sono un esperto. Anzi, a dire il vero, non stravedo a prescindere per i giochi da due. Eppure, Orion Duel mi ha rapito. Dopo tutto, se ne parlo, una ragione c’è. Partiamo da quella che potrebbe sembrare una banalità, ma che ai miei occhi è un notevole punto a favore per questo gioco: Orion Duel offre due diversi tipi di setup, simmetrico o casuale. Questa intuizione degli autori permette a chi, come il sottoscritto, predilige situazioni di gioco sempre diverse, oltre ai puristi che amano sfide dalle condizioni eque e non disdegnano aperture standard, di potersi divertire con lo stesso prodotto. Questa libertà mi fa apprezzare maggiormente il gioco, anche perché, utilizzando un setup casuale (che prediligo), ho la certezza di non avere mai una partita uguale a un’altra.
Un’altra cosa che ho apprezzato in Orion Duel è il posizionamento delle tessere, che, proprio per la loro fattura in due colori, porta il giocatore a dover ragionare su più fronti. È sempre concreta la possibilità di avvantaggiare anche l’avversario con la propria mossa. Non sempre seguire a testa bassa la propria strategia porterà a buoni risultati, perché ci sarà sempre il rischio, posizionando tessere, di avvicinarsi sì a una delle condizioni di vittoria, ma di fare allo stesso tempo, inavvertitamente, anche il gioco dell’avversario, avvicinandolo a sua volta a una delle altre condizioni di vittoria.
In conclusione
Orion Duel è quello che si può definire un gioco semplice da imparare, ma difficile da padroneggiare. Tuttavia, con già poche partite alle spalle, si riuscirà a leggere le situazioni di gioco, valutando contemporaneamente più strategie. Anche i tempi dichiarati sulla confezione, di 25 minuti, in realtà si ridurranno dopo le prime partite. Se ancora non siete convinti della bontà del gioco, potete provarlo su BGA e valutare di persona, anche se la sensazione di godimento nel guardare negli occhi il proprio avversario e chiudergli in faccia ogni possibilità di vittoria con una tessera non può essere replicata da un freddo monitor!
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Mi sono preso qualche giorno prima di scrivere il mio consueto articolo sul GiocAosta, perché avevo bisogno di riprendermi del tutto. La vecchiaia, sai com’è… La quindicesima edizione si chiude con numeri da capogiro:
“Quattro giorni, 50 ore di apertura, oltre 7.700 prestiti della ludoteca, più di 4.000 iscritti alle attività e centinaia di appuntamenti in decine di luoghi in tutta la città: sono oltre 35.000 le presenze attive registrate nella XV edizione di giocAosta, che si è chiusa questa sera in piazza Chanoux ad Aosta.”
Preso pari pari dal comunicato stampa, così come questa foto dove si vedono tutti i volontari che ogni anno danno vita a questo miracolo!
Non perché abbia poca voglia di scrivere, ma perché ritengo importanti queste parole, riporto un altro passaggio interessante del comunicato stampa:
“Quello di cui siamo orgogliosi – spiega a nome dei volontari il coordinatore dell’evento, Davide Jaccod – è che nonostante i numeri ancora in crescita giocAosta riesca a conservare il proprio spirito: quello di un luogo di festa e di incontro, che usa il gioco per creare relazioni. Sempre più ci accorgiamo che intorno a giocAosta si sta creando una comunità, che si incontra anno dopo anno e che accompagna l’evoluzione del nostro progetto. Mai come quest’anno abbiamo ricevuto richieste di conferma per le date dell’evento nel 2024: tutto grazie a un passaparola che ha una portata sempre più ampia a livello italiano”.
Lo spirito del GiocAosta
Ok, tocca a me ora scrivere veramente qualcosa: GiocAosta anche quest’anno non si smentisce, portando in piazza l’evento ludico gratuito più bello di tutta Italia. Ok, lo so che non ho partecipato a tutti gli altri eventi, ma qui non c’è davvero gara! L’organizzazione è perfetta, ogni anno aumentano eventi e spuntano novità, andando a migliorare quello che già pare perfetto, e… incredibilmente tutto funziona a meraviglia!
Da lato blogger, ho molto apprezzato l’apertura di un angolo dedicato ai creator in piazza San Francesco. Certo, non è come essere sotto i portici, dove è più ventilato e sei davanti al padiglione, ma non ci è andata male. Anzi, abbiamo avuto un punto di ritrovo dove vedere tanti volti familiari e darci appuntamento con i nostri amici. Ecco, se proprio devo criticare qualcosa, forse a livello organizzativo – e lo dico anche a mio discapito – l’anno prossimo limiterei i tavoli o, perlomeno, non li assegnerei per tutti i giorni. È capitato di vedere tavoli riservati vuoti in mezzo alla ressa di gente che cercava un posto per giocare. Per ovviare a questo, ho ceduto il mio tavolo quando non stavo giocando e quello di colleghi che sapevo non essere presenti.
Ringraziamenti
Non ringrazierò nome per nome, non perché sono snob, ma perché rischio davvero di dimenticare i tanti amici che ho incontrato in questi quattro giorni. Non vorrei che per una dimenticanza, qualcuno si sentisse escluso da questo mio abbraccio virtuale.
Tuttavia, non posso non nominare Davide Jaccod, coordinatore di tutti i volontari, disponibile e gentile nonostante la mole incredibile di cose da fare, e Mikhael Zhell, supervisore di quel branco di pazzi scatenati che sono i creator ludici, instancabile e generoso. Entrambi sono due vere e proprie forze della natura, alla pari di tutte le maglie gialle.
Giochi provati
Il mio GiocAosta è durato quattro giorni, accompagnato da quella santa donna di mia moglie che, rassegnata, mi ha lasciato allo stato brado libero di sfogarmi, e da mio figlio, quest’anno intento a giocare a scacchi (nuova passione) e a farsi figo tra i piccoli nerd con il cubo di Rubik.
Ho così avuto modo di provare diversi giochi:
3 Ring Circus
Just One
Wavelenght
Not That Movie
Cross Clues
Oh my goods
Eldorado
Hats
Rats of Wistar
Empire’s end
Il Regno di Valiria
Overbooking
Krass Kacke
Splash
Codex Naturalis
Turing Machine
Azul
Sagrada
Il Maniaco Con La Mannaia è Entrato in Casa
Fun Facts
Cascadia
Fiesta de Los Muertos
My Shelfie
Polywords
Ovviamente, faccio un breve accenno solo a qualche gioco, ma eventualmente potete scrivermi nei commenti se volete saperne di più su di un titolo non approfondito qui…
3 Ring Circus
Il Primo gioco giocato a GiocAosta è della Devir: 3 Ring Circus di Remo Conzadori e Fabio Lopiano. Quest’ultimo, infatti, si aggirava per Aosta con la sua copia del gioco, freschissima da Gencon, dove era stata appena presentata. Io, in realtà, questo gioco lo avevo già provato due anni fa, come prototipo, ma vi assicuro che era identico a oggi e già allora avevo pensato: che figata! Buona variabilità al setup e ritmo sostenuto senza downtime caratterizzano questo gioco di media complessità, in cui bisogna viaggiare su una mappa per dare spettacoli e collezionare carte nella propria plancia, al fine di ottenere punti in base alle esibizioni.
La carovana di un circo importante (non ricordo il nome) segue i giocatori, facendo tappa nelle grandi città, innescando il conteggio dei punti per chi vi si è esibito e dettando i tempi per il fine partita. Esibirsi nelle grandi città darà tanti punti, ma richiederà specifici artisti, anche costosi, posizionati in una maniera specifica nella propria plancia, come richiesto dal grande pubblico. Non voglio dilungarmi troppo, anche perché con altri giochi di questo articolo non lo farò. Ma, qui, parliamo a mio avviso del miglior gioco che ho provato al GiocAosta.
Hats
Mea culpa: a Hats non ci avevo ancora giocato, ma ho recuperato alla grande al GiocAosta, scoprendolo grazie ad Alberto e Flavia, che ringrazio infinitamente. Con loro ho fatto un paio di partite e, in seguito, ho proposto il gioco io stesso a Gianni e a due sue amiche, di cui non ricordo il nome. Gioco davvero elegante: non che mi aspettassi di meno dalla ThunderGriph Games. Gioco di carte colorate di Gabriele Bubola in cui bisogna cercare di creare set di carte dal valore maggiore. All’inizio della partita, vengono rivelate sei carte che, posizionate su di una plancetta, hanno un valore da uno a sei punti.
In pratica, in base al colore delle carte e al loro posizionamento, corrisponderà un valore in termini di punti per tutte le carte dello stesso colore. I giocatori avranno una mano di carte e dovranno giocarne una, sostituendola a una delle sei presenti. Per poter fare questa azione, bisognerà sostituire una carta con una di valore maggiore (ad esempio, un quattro blu su un tre giallo) oppure con una carta qualsiasi, ma dello stesso colore.
Quella appena presa andrà posta davanti a sé, creando, man mano, dei set di carte che a fine partita varranno tanti punti quanto il valore delle carte presenti sulla plancia comune.
Oddio, ho riletto cosa ho scritto e non so se si è capito, ma, in linea di massima, il gioco è proprio così. Lascia spiazzati alla prima partita, ma già dalla seconda diventa più controllabile e si apprezza sempre di più.
Rats of Wistar
Prossimamente, (Essen) da Cranio Creations, uscirà questo piazzamento lavoratori di Simone Luciani e Danilo Sabia con un tema che inganna. Dovremo guidare i nostri topini fra missioni e avventure in una vecchia casa di campagna per dimostrare di essere il topino più degno a guidare la colonia. Detta così, sembra molto puccioso e ti aspetti un giochino light. Ma dico, li hai visti gli autori? Rats of Wistar è un gioco solido e tosto, come piace a me (e penso a tanti di voi che mi leggete).
Una gestione risorse e azioni è data da una rondella che gira, e che obbliga a pianificare con cura le azioni. Non è così immediato entrare in sintonia con le azioni secondarie, ma, quando capisci, vai che una meraviglia. Il sistema di gioco premia l’esplorazione: tutto per portare al miglioramento della propria colonia, cosa necessaria per fare punti a fine partita. Ho bisogno di giocare ancora qualche partita per trovarne punti di forza e non, ma, per ora, il giudizio è positivo.
Not That Movie
In serata, abbiamo dato vita a una serie di party game, uno più divertente dell’altro, fra cui Not That Movie di Silvano Sorrentino, edito da DV Giochi, ormai un punto forte anche in associazione. È un gioco collaborativo in cui ogni giocatore deve selezionare segretamente un numero da 1 a 8, corrispondente al titolo rivisitato di un film, e che, a suo avviso, ben si addice alle due recensioni casuali scoperte a inizio round. Meno errori si faranno in fase di risoluzione, maggiori punti raccoglierà la squadra. Già dalla creazione dei titoli partono le risate.
Empire’s End
Grazie a Lucky Duck, ho potuto giocare in anteprima a Empire’s End insieme ad altra gentaglia come Francesco, Ario e Gianluca. Ogni giocatore avrà una città composta da 11 carte e dovrà percorrere, insieme agli altri giocatori, il più indenne possibile, lungo un tracciato che ricorda vagamente quello di In the Year of the dragon.
Il problema è che, a differenza del titolo di Feld, questo gioco ha praticamente solo eventi distruttivi, e i giocatori dovranno partecipare a delle aste per evitare di prendere carte disastro. Cioè, un’asta al contrario per non prendere una carta disastro, che significherà far prendere fuoco alla propria città e, quindi, perdere abilità e risorse.
La cosa figa è che ci sono parecchie abilità e condizioni per fare punti, anche con gli incendi. Diciamo anche, che quasi quasi la mia strategia di fare Nerone e dar fuoco a tutta la mia città poteva funzionare. Quasi quasi. In realtà, ho perso male. Anzi, mai preso così tanti schiaffi a un gioco. Mi sono divertito tantissimo.
Turing Machine
Finalmente sono riuscito a provare Turing Machine, in Italia grazie ad Asmodee, era sempre fuori dalla ludoteca, ad altri tavoli. Per fortuna, grazie ancora ad Alberto, Flavia e la piccola Anna, sono riuscito a giocare. Io sono amante dei giochi deduttivi: avevo scritto qualcosa nel mio articolo dedicato a Essen Milano, quando avevo scoperto Tiwanaku. Anche con Turing Machine è stato amore a prima vista e sicuramente una copia sarà mia. Però, attenzione: non credo che sia un gioco adatto a tutti.
Se siete amanti della settimana enigmistica, sudoku e altri giochi da rivista, avete serie possibilità che il gioco possa piacervi, altrimenti, vi consiglio di provarlo prima dell’acquisto. Che poi, sarebbe cosa buona farlo per qualsiasi gioco, ma tant’è. In Turing Machine, bisognerà scoprire un numero di tre cifre, provando a comporre una cifra e interrogando la macchina. Questa, con un sistema di sovrapposizione di schede perforate, darà un esito positivo o negativo a ogni quesito posto. Prendendo appunti e andando per esclusione, bisognerà giungere alla soluzione. Un gioco semplice e intuitivo, indubbiamente un solitario di gruppo, ma davvero piacevole se appassionati di numeri.
Alla prossima GiocAosta
Così, anche la quindicesima edizione è finita. Mi chiedo come sarà la prossima e già fremo all’idea. Prima di tornare a casa, mi hanno chiesto come fosse andata la mia GiocAosta e ho risposto: “magnificamente, qui mi sento a casa”, l’ho detto spontaneamente e credo sia la cosa più bella che potessi rispondere, perché solo a casa ti senti veramente a tuo agio e al sicuro, circondato da persone che ti vogliono bene. Ecco, per me, GiocAosta è questo.
Mi pare di sentirvi già dire la stessa cosa: “il problema di GiocAosta è che è ad agosto, altrimenti ci verrei”. Non deve essere per forza così! Io organizzo le mie ferie in virtù del GiocAosta, così che questo evento diventi esso stesso un momento di vacanza.
Poi, chiaro, non tutti sono a solo un paio d’ore di macchina come il sottoscritto, o possono permettersi di prendere quattro giorni di ferie a ridosso di ferragosto, ma ugualmente vi invito a considerare di venirci il prossimo anno. Non esiste un evento paragonabile nel panorama ludico italiano. Quasi quasi, nemmeno il Picnic Ludico!
Trovate molte più foto a questo Link Instragram!
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Ho appena finito di leggere “Nel dubbio prendo risorse“, romanzo di Andrea Dado edito da DV Games. So che verrebbe facile pensare che quanto scrivo sia dovuto, perché conosco Andrea, ma in realtà lo faccio perché ho davvero molto apprezzato il libro. Non avevo intenzione di scrivere nulla inizialmente, ma dopo averlo finito, ho sentito il desiderio di condividere con voi ciò che penso.
Nel dubbio prendo risorse
Autore di innumerevoli articoli sul suo blog, Dado Critico, Andrea ha abituato i suoi lettori a uno stile di scrittura schietto e realistico, in cui anche i contorni di una storia sono importanti. In “Nel dubbio prendo risorse“, ritroviamo questa stessa caratteristica, mentre ci addentriamo in un contesto urbano che ci risulta immediatamente familiare.
La trama, senza rivelare troppo per evitare spoiler, ruota attorno a un evento ludico, un cadavere, associazioni e professionisti del settore, tossicità nel gioco e paranoie. Parla di una scelta e delle azioni che ne derivano, portando a conseguenze inaspettate.
Andrea dipinge rapidamente i vari protagonisti, presentandoli superficialmente all’inizio, per poi approfondirli gradualmente e svelarne la vera essenza solo alla fine. I frequenti cambi di scena mantengono un ritmo di lettura incalzante, consentendo al lettore di restare al fianco dei personaggi, vivendo ogni momento come se fosse il protagonista stesso.
Tutto d’un fiato
Così, mentre leggi che un semaforo intermittente vernicia di giallo un incrocio e le poche macchine che lo attraversano, si avverte un’angoscia nel profondo quando i protagonisti si allontanano dai binari.
Sai che non è finita, ma non puoi fare nulla, tutto si sta muovendo troppo velocemente. Ti rendi conto di aver osservato tutto fino a quel momento da una prospettiva protetta. In un istante ti senti al sicuro nel tuo mondo fatto di scatole colorate, e l’istante successivo ti ritrovi a sfogliare pagine che sembrano strappate dalla vita reale, ma da una realtà oscura, ispirata dai fatti di cronaca nera.
Avverti il sapore metallico del sangue e provi un senso di disagio, mentre le ultime pagine del romanzo scivolano via velocemente tra le dita, ma desideri che non finisca.
Rispetto
Non me l’aspettavo. È davvero bello. Non immaginavo che lo fosse così tanto. Il romanzo parla di noi, ma non come lo farebbe chiunque non sia parte di questo mondo. Tratta il tema del gioco da tavolo e della morte con rispetto. Nonostante la sua brevità, poco più di un centinaio di pagine, è stata un’esperienza intensa. Spero che ci sia un seguito.
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A chi legge porta via poco tempo, a chi scrive serve per capire se si sta andando nella giusta direzione.
L’importante è essere costruttivi anche nelle critiche.
Ci sono dei momenti di Play che mi hanno emozionato e che voglio portare nel cuore. Non voglio che il mio superpotere se li porti via. Se non sapete di cosa sto parlando, non preoccupatevi, dovevo farci un articolo ma il mio secondo superpotere, la pigrizia, ha preso il sopravvento… Poi, appena lo scrivo, ci metto il link e vi faccio sapere.
A Play per mangiare, mica per giocare!
Tre giorni intensi in cui ho provato pochissimi giochi, passando più tempo allo stand della birra con gli amici che a giocare, ma vi assicuro che la mia Play è andata benissimo e non cambierei nulla di questi fantastici tre giorni. Ora, se siete nuovi lettori, questo articolo vi sembrerà strano: tranquilli, è normale… sono io a essere strano. Anzi, quello che scrivo potrebbe anche peggiorare andando avanti! Se invece già leggete le mie cose, beh, sapete già cosa aspettarvi!
Quindi, considerando il grado di importanza che do alle cose, prima di parlare dei giochi volevo partire con i ringraziamenti. Non farò tanti nomi, ma solo perché diventerebbe una lista assurda. Mi limito a ringraziare i miei compagni di cena del venerdì: Angelo e Gianluca, gli altri al tavolo non li conoscevo. Poi Zachary, Flavio, Lorenzo, Alex, Devis, Vincenzo e Stella per la cena di sabato. Sabrina e Ross compagni di arrosticini, Luca e Davide compagni di panino con la porchetta, Elisa, Stefania, Roberto, Marco e Pietro per la birra e non solo. Infine, Luca e Andrea compagni di caramelle alla presentazione del libro. Mi fermo qui, ne avrei ancora tantissimi da salutare e ringraziare, solo che non mi pare di aver mangiato altro…
Partenza
Sveglia alle cinque per evitare tutto il traffico, che poi comunque trovo all’uscita di Modena Nord. Nonostante tutto, arrivo abbastanza in orario e ritrovo quelle piccole cose che tanto amo di Play: code chilometriche per entrare, quel profumo stantio di sudore e pipì, che già dalle dieci del mattino ti circonda e soprattutto: le tigelle. Ah sì, ci sono anche gli stand con i giochi! Ecco, devo concentrarmi su quelli. Abbandono le tigelle, prendo il telefono per spulciare i vari appuntamenti e inizio la mia avventura.
Earth
Earth è il nuovo titolo portato in Italia da Lucky Duck Games, in cui i giocatori dovranno costruire un’isola con un proprio ecosistema formato da fauna, flora e territori. Bisognerà sviluppare un motore di gioco mediante la gestione delle carte, organizzandole in una griglia di 4×4, in modo tale da poterne attivare i poteri in combinazione fra loro. Ci saranno obiettivi comuni e personali da assolvere e, non appena un giocatore avrà giocato la sua sedicesima carta, si attiverà il fine partita.
A me ha ricordato vagamente Wingspan, con la differenza che qui le carte si attivano in verticale anziché in orizzontale. Il sistema di selezione delle azioni è alla Puerto Rico, con il giocatore di turno che sceglie per tutti ed esegue l’azione, mentre gli altri giocatori la eseguono depotenziata. Ok, sì, Earth attinge da altri giochi, ma lo fa bene, mantenendo una sua identità e ottenendo un risultato finale davvero buono. È un gioco che pretende qualche partita per essere pienamente apprezzato, non certo una fatta in fiera, ma già dalla prima si intuisce tutto il potenziale. Lo voglio.
Spille e arrosticini
Proseguo il mio vagare per la fiera, saluto amici e distribuisco spillette. A fine fiera ne avrò distribuite 86! Vengo fermato per una foto da dei ragazzi che non conosco, ma a quanto pare la cosa è reciproca perché mi dicono che mi seguono su YouTube… Altri invece dicono di essere miei lettori e capisco che è vero perché si “dimenticano” la spilletta sul tavolo quando se ne vanno. Se mi conosci, mi eviti!
Decido di pranzare alle 11:00, assecondando l’esperienza acquisita nei tanti anni di Play passati in code chilometriche e anche perché ho già fame. Senza arrosticini, che Play sarebbe?
Sunrise Lane
L’anno scorso non ho nemmeno fatto finta di avvicinarmi alla Horrible Guilds, troppo caldo in quel forno affacciato al corridoio principale. Quest’anno, invece, ne ho approfittato per provare un paio di giochi. Sunrise Lane è un gioco di Reiner Knizia, e questo già dovrebbe farvi capire molte cose: semplice, minimale, preciso. Funziona. È un gioco di piazzamento edifici, guidato dalle carte. Sostanzialmente hai due azioni: puoi pescare carta, oppure giocarne una o più per piazzare uno o più edifici su terreni dello stesso colore. Se un terreno ha un valore di due, ad esempio, si possono giocare fino a un massimo di due edifici dello stesso colore corrispondente, uno sopra l’altro. Ogni edificio deve essere connesso ad altri edifici, e per ognuno bisogna sempre giocare una carta del colore richiesto.
La “particolarità” è che, in base a dove piazzi, moltiplichi il numero di edifici per il valore scritto sulla mappa. Se, ad esempio, in un blocco da 4 ho messo 3 edifici, quasi il massimo possibile, ottengono 4×3 punti, ovvero 12. A fine partita, finiti gli edifici di un giocatore, si procede nella conta dei punti, sommando a quelli fatti nel corso della partita quelli dati dalle maggioranze per le aree coperte. È un Knizia in tutto e per tutto. Ringrazio Andrea e Simone, due dei ragazzi che giocano con me il giovedì sera, per avermi fatto compagnia mentre li stracciavo al tavolo. E dire che non vinco mai a nessun gioco… Fatevi due domande!
Quicksand
Altro gioco alla Horrible Guilds, questa volta fatto in casa da HjalmarHach e Lorenzo Silva. Quicksand è un Party game collaborativo a tratti frenetico. Abbiamo sul tavolo delle clessidre, poggiate su delle tessere, e un percorso dato da altre tessere. Lo scopo del gioco è fare arrivare tutte le clessidre al termine del percorso, giocando dalla propria mano delle carte. Ovviamente, non si potranno mostrare le carte ai compagni di gioco, ma si potrà parlare e decidere di comune accordo cosa giocare.
Giocando una carta, tutte le clessidre poggiate su una tessera con lo stesso colore di fondo o lo stesso simbolo rappresentato si muoveranno avanti di un passo e ruoteranno, scandendo il tempo entro cui dovranno nuovamente essere mosse. Semplice, no? Ah, no, dimenticavo, le clessidre non sono tutte uguali, alcune saranno da trenta secondi, altre da venti e altre ancora non ricordo, aggiungendo difficoltà a tutte le decisioni. Molto simpatico e piacevolmente frenetico.
Yatai
Dagli amici di Dawn Town Games mi fermo per provare Yatai, un gioco ancora in fase prototipale che in futuro vedremo su Kickstarter. Si tratta di un gestionale leggero per 2-4 giocatori con una durata di circa 30-45 minuti. Ogni giocatore dovrà gestire il proprio ristorante chiamato Yatai, cercando di organizzare quale cliente servire per primo, abbinandoli ai loro piatti preferiti, bevande e riciclando il vetro. I clienti, come è comune oggi, lasceranno recensioni al termine del servizio, dando ai giocatori la possibilità di avanzare su una scala di punti e ottenere bonus.
Sarà anche possibile interagire direttamente con gli Yatai degli avversari, inviando clienti turisti (meeple grigi) per rubare clienti più redditizi. Non sarà completamente negativo servire un turista, perché lascerà due recensioni! La parte grafica del gioco deve ancora essere realizzata, ma il resto sembra promettente. La gestione del vetro è fondamentale per il successo delle operazioni, un aspetto che ho costantemente dimenticato durante la mia partita e che mi ha portato a una sconfitta imbarazzante. Sicuramente lo acquisterò quando sarà disponibile.
Who’s the Boomer
La fiera sta per chiudere, ma mi ritrovo al tavolo con Alberto, Valentina e Damiano per provare un gioco allo stand della Clementoni: Who’s the Boomer. In questo gioco, tutti i giocatori devono scegliere una carta dalla propria mano e giocarla coperta davanti a sé. Ogni carta contiene un paio di domande con diversi livelli di difficoltà. Le domande sono pensate principalmente per i più giovani, quindi chi ha un po’ più di età potrebbe trovarle difficili. Io, ovviamente, sono un vero “boomer” e non conosco molte risposte. Tuttavia, il giocatore di turno lancia il dado e in base al colore che esce si determina la modalità di gioco.
Ad esempio, si prendono le carte di tutti, si mescolano e una carta alla volta viene posta una domanda a ciascun giocatore. Se il giocatore indovina, bene; altrimenti, se non indovina, incrementa la propria età su un altro piccolo mazzo di carte davanti a sé. È un gioco divertente e vivace, dove è permesso prendersi in giro. Ho fatto la mia porca misura e mi sono sentito più giovane!
Tutto di corsa
Arrivo all’albergo e scopro che parcheggiare è impossibile. Chiedo, faccio giri infiniti attorno alla struttura, ritardo, ma niente parcheggio. Boh, quattro frecce, check-in al volo, sciacquata alle ascelle e via a cena dallo Chef. Non racconto quanti eravamo e cosa abbiamo mangiato, ma è stato un piacere come sempre.
È sabato. Sono carico, una bella dormita di quasi quattro ore mi ha dato la giusta ricarica. Colazione abbondante: caffè e una fetta biscottata con marmellata, talmente sono pieno da ieri sera, e via alla fiera.
Stool Pigeons
Appena entro, mi fermo dal Folletto, Francesco Biglia, allo stand dedicato ai Kickstarter per provare sottobanco uno dei tanti giochini riportati dai suoi lunghi viaggi. Non sono riuscito a provare Tasso Banana per un soffio, sembrava interessante, e gli ho fatto qualche foto. Tuttavia, ho potuto provare quel gioiellino di Stool Pigeons, un gioco di carte per chi ama i piccioni e odia i propri amici. Ok, in realtà odio anche quei topi con le ali, ma in questo gioco li adoro!
Lo scopo del gioco è avere la somma delle quattro carte più bassa rispetto a quelle dei tuoi avversari. Il problema è che delle nostre carte conosceremo solo le due più basse. Ad ogni turno bisognerà pescare una carta e aggiungerla alle quattro, scartandone una nel mazzo degli scarti. Se la carta scartata contiene un’azione, questa viene eseguita. Si possono scartare carte per scambiarne una propria con una degli avversari, guardare una carta e fare altre azioni simili. Si può anche tentare di scartare una carta dello stesso valore di quella in cima agli scarti, così da ridurre le proprie carte. Il gioco termina quando un giocatore dichiara di avere il set di carte dal valore più basso, verificando le carte di tutti. È davvero un gioco divertente, ma molto probabilmente non sarà disponibile in Italia. Confido in Francesco.
Vado un paio d’ore da Pendragon, nella blue room, per provare un gioco denominato Progetto E del bravo Mauro Chiabotto, di cui non posso assolutamente parlare. Vi dico solo che è una figata! Scriverò un articolo appena mi sarà data la possibilità di farlo.
Axo
Dopo giri e giretti a farmi foto, birre e chiacchiere con amici, arrivo allo stand di Playagame Edizioniper provare Axo, il nuovo gioco di Simona Greco e Marco Rava. Che poi farselo spiegare da Lorenzo Gheri, con il suo accento toscano, aggiunge valore al titolo del gioco. Un mazzo di carte e dei pennarelli riscrivibili. Partendo da un set di 7 carte per ogni giocatore, tre di queste dovranno essere giocate davanti a sé per essere completate, mentre quattro resteranno in mano per giocare le azioni.
Il giocatore di turno dovrà decidere quale carta giocare delle quattro, mettendola al centro del tavolo ben visibile a tutti. Chiamerà dunque un colore, dei tre presenti nel gioco, dopodiché colorerà sulle tre carte davanti a sé i quadratini con il colore chiamato, tenendo conto della forma del tetramino presente sulla carta giocata. In pratica, riporterà lo stesso simbolo della carta giocata sulle tre carte davanti a sé, colorando però solo i quadrati che lo compongono dello stesso colore chiamato. Gli altri giocatori potranno colorare i quadratini di una carta, lo ripeto, solo una carta, sempre rispettando il colore chiamato e la forma del tetramino, ma guardando la carta del primo giocatore rispetto alla propria angolazione di visuale.
Quando un giocatore avrà completato tutti i quadratini di una carta, la scarterà ed eseguirà eventuali azioni presenti sulla stessa, che generalmente faranno colorare un quadratino a destra o sinistra, a scelta o di un colore ben definito. Completando una carta, bisognerà aggiornare la classifica, disegnando un quadratino in una carta apposita con tutte le track dei giocatori. Si otterranno dei bonus completando una carta sola, ovvero delle azioni extra per colorare un quadratino a proprio piacere, delle carte in proprio possesso. Completando invece più carte contemporaneamente, si otterranno maggiori punti, ma nessun bonus.
È un gioco semplice e molto caruccio, che purtroppo non era disponibile per l’acquisto. Così semplice che una volta alzato, sono arrivati dei ragazzi per provarlo e, a causa di un momentaneo sovraffollamento nello stand, mi sono improvvisato dimostratore senza alcuna difficoltà.
Fresh Fruits
Appuntamento con il gioca con il… boh, blogger? Content Creator? Non saprei. Comunque, vado a provare da Oliphanteil gioco di Francesco Calvi, alias Boardgame Francesco. Ne avevo sentito parlare bene e lo volevo provare da tanto, e finalmente a Play ho potuto farlo. È un gioco semplice e veloce da spiegare. Bisogna pescare tessere doppie e posizionarle nel proprio cesto della frutta, ovvero una griglia di 5×4 frutti in quattro giocatori, cercando di mantenere la frutta più pesante sotto e quella più leggera sopra. Si faranno punti per la frutta nella posizione corretta e per la realizzazione degli obiettivi, scelti in fase di setup. Non approfondisco ulteriormente perché voglio parlarne separatamente e in maniera più approfondita.
Ricordi
Gioco, birra, gioco, birra, mi pare lo abbiate capito ormai. Mi fermo dagli amici di Fustella Rotante e per la prima volta non si percepisce disagio nell’aria. Solo foto, abbracci, birra e affetto. Sono momenti che mi porterò per sempre dietro, anche grazie a una bellissima istantanea. Poi però devo scappare, ho un appuntamento.
Sono stato reclutato per difendere l’onore dell’armata americana, al fianco del mio copilota Ian, del canale Meepleordie. Attorno a noi altri Content Creator: due ragazzi di Al4oPiù, due della Tana dei Goblin e altri due del Dunwich Buyers Club, tutti decisi a spaccare i culi agli avversari. Ahotnik è attualmente ancora su Kickstarter, nel momento in cui scrivo, a un passo dal funding, anche se più indietro di quanto ci si aspettasse. Speriamo bene perché il gioco merita tantissimo. In pratica, siamo piloti di robottoni che devono difendere la Terra dagli attacchi di nemici venuti dallo spazio, ma anche dall’attacco di altri robottoni della Terra. Macchine giganti, ognuna con il proprio colpo d’attacco speciale, che possono essere guidate soltanto mediante l’utilizzo di due piloti e della loro intesa.
I due giocatori della stessa squadra potranno scegliere fra due delle tre tessere per fare eseguire al proprio robottone le azioni volute: muovere, attaccare, fare sei azioni speciali come, ad esempio, ripristinare punti scudo, muoversi velocemente o eseguire un attacco potente. In base al valore assegnato al tassello, posizionandolo in uno slot da 1 a 6, si determineranno valore e posizionamento. Ad esempio, se decido di fare muovere il Mech verso la posizione 4, dovrò mettere il tassello movimento sulla posizione 4. Il mio compagno vedrà solo in che posizione avrò messo il tassello, ma non sapendo di quale tassello si tratti. Lo potrà intuire a seconda della situazione e immedesimandosi nel compagno, ma non sarà affatto semplice. Per muoversi sarà necessario che anche il compagno decida di usare il tassello del movimento, altrimenti i comandi non risponderanno.
Se ci sarà accordo totale, quindi sia tassello che posizione uguale, il robottone muoverà di due passi nella direzione scelta. Se non ci sarà accordo completo, con due tasselli uguali ma numeri discordanti scelti dai due piloti, si procederà nel tiro del dado per assegnare a una o l’altra posizione l’effettivo movimento. Qui avevo un dubbio, ritenendo la scelta casuale una cosa sbagliata, ma poi giocando ho capito le ragioni di questa scelta, lasciando la possibilità a chiunque dei due piloti di avere la meglio. Pensate che frustrazione per il giocatore, consapevole dell’errore del compagno, impossibilitato ad avere la possibilità di raddrizzare le cose, demandando tutto a qualche decisione presa a tavolino, come ad esempio il primo di ordine di turno che ha l’ultima parola. Il dado diventa una soluzione imparziale.
Per questo gioco serve intesa e coordinazione. Serve saper leggere le mosse degli avversari e capire in anticipo cosa fare. Serve intuito e, soprattutto, non serve la quantità d’alcool che ho addosso. Nonostante questo, e una partenza a singhiozzo (anche se un po’ per tutti), man mano riusciamo a entrare nel gioco. E quando riesci a incastrare le cose, facendo eseguire al tuo Mech quello che vuoi, beh, lì è una cosa davvero figa. Abbiamo perso di un soffio, però ci siamo battuti alla grande e ci siamo divertiti molto. Che peccato sarebbe non avere questo gioco!
A cena con gli amici
Incredibilmente, sta finendo anche sabato. Non ho provato molto, anche perché ho fatto sessioni lunghe. Altra birra in compagnia con una marea di persone, mentre si chiacchiera e si fanno selfie come se non ci fosse un domani. Probabilmente sono il più vecchio lì in mezzo, ma mi sento più giovane. Però devo fare ancora una cosa prima di andare. Faccio una scappata al padiglione F per provare Terxo, un gioco astratto di legno, davvero semplice e difficile allo stesso tempo, ma di cui parlerò meglio a breve. Dico solo che ho scoperto di essere una pippa assurda a sto gioco! Accompagno Nicola e Claudia al loro appartamento, poi corro in albergo.
Ritardo, zero parcheggio. Lascio la macchina in tripla fila in uno spiazzo dove ho visto altri temerari farlo, per poi scoprire soltanto dopo che è il parcheggio dei vigili urbani. Mi avranno creduto uno di loro, nessuna multa. Salgo, doccia in due minuti e sedici secondi, e poi di nuovo via per la cena. Sono questi i momenti che amo di Play, non la doccia fredda in meno di tre minuti, ma il tempo con gli amici che vedi una o due volte l’anno. E poi la panza piena! Tanti discorsi e scene al limite del surreale, come quella della signora dietro Flavio che pareva volergli dare una bottigliata in testa. Poesia.
Yucatan
Domenica arrivo e al volo provo Yucatan allo stand di Studio Supernova, spiegatomi dal buon Marcello. Gioco in cui ci si mena, ma che richiede una buona dose di strategia per ottenere punti. Mi lasciava perplesso la plancia centrale con poche zone in cui potersi muovere, ma ho capito che il desiderio dell’autore era proprio quello di spingere costantemente i giocatori allo scontro. Mi ha ricordato un po’ i giochi alla Lang. Bella la fase di gestione della propria fazione, utilizzando mais e giada per potenziare le azioni a disposizione e ottenere “alleati” momentanei per gli attacchi, come coccodrilli, ragni e altri ancora che non ricordo.
Il vero gioco lo si fa muovendosi sulla mappa. Entrare nelle città e vincere contro gli avversari, sfruttando carte e maggioranze, ti permette di ottenere dei bonus. Incrementare le proprie risorse, vincendo battaglie e facendo prigioniere le miniature avversarie, offre la possibilità di investire a fine turno per ottenere punti, con una particolarità: nel turno successivo dovrai investire maggiori risorse o prigionieri per ottenere punti. Quindi ci si mena, ma bisogna fare attenzione a distribuire risorse ed equilibrare il tutto. Me lo aspettavo più complesso e lontano dai miei gusti, invece mi ha piacevolmente stupito. Quasi quasi…
Brancalonia
Ci siamo, è il momento che aspettavo con trepidazione. Ho raggiunto una delle sale superiori per partecipare a una sessione multitavolo di Brancalonia, gioco di ruolo di Acheron Games a tema spaghetti fantasy, ispirato al folklore italiano di Calvino, Collodi passando per la cinematografia de “L’Armata Brancaleone”, “Attila Flagello di Dio” e tanti altri prodotti che un tempo si definivano trash, ma che oggi sono stati rivalutati dalla critica. Un’ambientazione 5E dove i giocatori sono canaglie allo sbando nel Regno di Taglia, un’Italia al rovescio dove spiccano regioni e località come la Pianura Pagana o la Penumbria, ognuna con le proprie superstizioni e meraviglie da scoprire.
Ho partecipato a questa cosa fighissima, centocinquanta persone divise su più tavoli a giocare la propria storia, ma legata a filo continuo alla trama principale. Un Mauro Longo in grande spolvero, che vestito in maniera discutibile, guidava un collettivo di figuranti e veri e propri attori nei panni dei personaggi principali, dispensando fette di salame e otri di vino, e invitando canaglie a partecipare ai giochi da bettola. Cosa poteva mai andare storto? Nulla, e infatti è stata una figata assurda. Lo rifarei anche domani! diventerà una mia tappa fissa a ogni Play!
La Tana dei Goblin
Tutti quelli che ho incontrato e che lamentavano di non trovare un posto per giocare, li ho mandati al padiglione C. Secondo me, la cosa più bella di Play di quest’anno è stata avere finalmente un padiglione in più. Gli scorsi anni, il padiglione C era quello dove passavi per un saluto e poi scappavi via, invece quest’anno ha portato tantissima gente a visitarlo per giocare. L’intero padiglione praticamente dedicato al gioco libero grazie alla Tana dei Goblin, con tantissimi dimostratori e moltissimi tavoli. Bellissimo.
Ho potuto vedere Marco e Sava e giocare con loro insieme ad altri amici come Tania e Tommaso a Deep Sea Adventure e Flotsam Fight, entrambi della Oink Games. Push your luck il primo, in cui dovremo cercare di arraffare bottini sottomarini e tornare nel sottomarino prima che la riserva d’aria comune finisca, e gioco di carte il secondo, che a tratti mi ricordava 6nimmt!, in cui devi disfarti delle carte associandole a degli stack sul tavolo, in cui fanno fede i multipli. Ad esempio, un 35 potrà essere scartato nello stack del 5 o del 7, ma solo se le carte già presenti saranno di valore minore. E poi Christian, Manuel, Francesca, Andrea e tantissimi altri amici, tutti lì insieme, per un abbraccio.
Finita Play
E poi, via. Per me Play finisce a metà pomeriggio, dopo mille saluti e altrettanti abbracci e ora di rimettersi in viaggio. Solitamente scappo via subito dopo pranzo, ma quest’anno ho fatto davvero fatica a lasciare Modena. La play più bella di sempre, ma che allo stesso tempo ha lasciato l’amaro in bocca per quello che è successo in Emilia. Sarei falso se dicessi che sta cosa non si è sentita, il pensiero per quanto successo era presente ovunque. Ho visto troppi occhi lucidi e ascoltato troppe parole da far rabbrividire, ma ho percepito anche tutta la forza e l’orgoglio di quelle persone. Ora ho ancora più rispetto per loro, per quello che hanno passato e per quello che hanno vissuto in quei giorni. Non so se io avrei avuto la stessa forza.
Mi metto in macchina con il mio bottino: tanti bellissimi momenti passati insieme a tanti amici. Però è bello anche tornare a casa, vuoi mettere poter andare in bagno senza dover far la coda?!
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Viva Play! Evviva Play! Viva Play! non fateci caso, devo far contenta la seo, evviva Play! Viva Play! Viva Play! La la la….
Bot Factory è l’ultimo gioco di Vital Lacerda, realizzato a quattro mani con un altro autore portoghese, João Quintela Martins, e che si ispira vagamente a Kanban. Ok, vagamente non è il termine corretto, diciamo che ne riutilizza la meccanica rendendola più accessibile, ottenendo un gioco sicuramente meno impegnativo e più snello. Siamo sotto l’ora per una partita a quattro giocatori!
Bot Factory è un piazzamento lavoratori per 1-4 giocatori edito dalla Eaglea-Gryphon Games, reduce da una buona campagna kickstarter che ha avuto il contributo di 3.168 sostenitori per un totale di 167.810 dollari raccolti.
Sandra
A differenza del fortunato titolo a tema automobilistico (Kanban), recentemente aggiornato nella nuova versione Evo, Bot Factory porta i giocatori all’interno di una fabbrica di giocattoli mettendoli alle prese con l’assemblaggio di piccoli robot. Anche qui avremo a che fare con il Kanban, ovvero un metodo di gestione del flusso lavorativo atto a migliorare la produttività.
Non mancherà la supervisione di Sandra, ormai marchio di fabbrica di Vital Lacerda, che non perde occasione di infilare nei propri giochi la moglie, assegnandole in questo il ruolo di supervisore della fabbrica. Sandra avrà un’azione diversa per ogni dipartimento dell’azienda. Le vediamo dopo.
Come si gioca
Per vincere la partita bisognerà aver completato tutti i bot di un colore o averne assemblati almeno cinque. In due giocatori i bot per colore saranno soltanto tre anziché quattro.
L’area di gioco è formata da quattro plance che dovranno essere accostate fra loro, creando di fatto la fabbrica di giocattoli. In ogni plancia è presente, nella parte bassa, una serie di cerchi in cui potranno essere posizionati i propri meeple.
A turno i giocatori andranno a piazzare il proprio meeple nel cerchio della plancia desiderata per poter eseguire l’azione principale ed eventualmente l’azione esecutiva. In due giocatori non si potrà piazzarlo nella stessa plancia dove sarà presente Sandra, cosa invece permessa in più giocatori. Ogni volta che Sandra e il meeple di un giocatore si troveranno nello stesso dipartimento dell’azienda, il giocatore dovrà cedere un token discorso. In pratica è come se il meeple dovesse rendere conto al proprio supervisore di quello che sta facendo in quell’area, se non disporrà di un token, quindi non troverà le parole adatte, dovrà saltare il turno. Questa cosa è coerente e a mio avviso molto simpatica.
Le tre fasi
In Bot Factory ogni round è suddiviso in tre fasi:
Movimento dei lavoratori
Esecuzione azioni
Manutenzione
Nel primo round i lavoratori andranno piazzati, nei successivi spostati obbligatoriamente da una plancia a un’altra, tenendo conto delle limitazioni in due giocatori per quanto riguarda Sandra.
In base al cerchio scelto, si otterranno bonus o malus, oltre che la possibilità di eseguire più o meno step delle azioni scelte. Dopo che ogni giocatore avrà mosso il proprio meeple, partendo da sinistra verso destra, seguendo il posizionamento e tenendo conto anche di Sandra, si eseguiranno le azioni.
Alla fine delle azioni, si passerà alla fase di manutenzione, che altri non è che la preparazione per il round successivo.
Le azioni
Vediamo le azioni principali, dipartimento per dipartimento.
Assembly Board
In questo dipartimento i giocatori potranno piazzare le parti robotiche nelle zone corrispondenti per colore e tipologia. Piazzando una parte robotica il giocatore otterrà due token dialogo. Piazzando una seconda parte otterrà ancora due token dialogo, completando invece il bot, otterrà il meeple del bot e lo piazzerà sul proprio segnalino progetto.
Per poter ottenere un bot sarà necessario avere un segnalino progetto dello stesso tipo, altrimenti non sarà possibile utilizzare l’azione.
L’azione esecutiva, utilizzabile prima, durante o dopo l’azione principale, in questo dipartimento permette di scambiare una propria parte robotica con una dei due pezzi di ricambio, scelti casualmente all’inizio e posti sopra i bancali in basso a sinistra della plancia.
Sandra qui si limiterà a scartare le due tessere parti robotiche di ricambio sui bancali, prendendo due nuove tessere da sopra la Part Production Board.
Part Production Board
In questo dipartimento i giocatori potranno utilizzare i propri punti movimento, in base al cerchio scelto in fase di posizionamento, per poter muovere la ruota con le parti robotiche, e ottenere una delle due parti in basso. La ruota, ruotando, rifornirà gli slot vuoti quando torneranno in alto, permettendo così di avere sempre un buon ricambio di pezzi. Non sto qui a spiegare la logica di rifornimento, determinata in base al segnalino distribuzione, vi basti sapere che ogni automazione è regolamentata e nulla è lasciato al caso.
L’azione esecutiva permette di scartare tre parti robotiche per sostituirle con una parte fra quelle visibili in alto nella plancia.
Sandra farà il refill delle tessere mancanti sulla ruota.
Project Board
Quest’area è dedicata al reperimento dei segnalini progetto con cui poter assemblare i bot. Alla fine del turno i giocatori non potranno avere più di cinque segnalini progetto, dovendo scartare quelli in eccedenza. Questo vale anche per i segnalini delle parti robotiche, sempre in numero massimo di cinque.
L’azione esecutiva di questo dipartimento permette di scartare due segnalini progetto per ottenere una parte robotica universale. Queste parti universali possono essere utilizzate sui bot di qualsiasi colore come fossero dei jolly.
Sandra toglierà le due tessere progetto dal fondo, facendo scorrere quelle superiori e aggiungendone due nuove in alto. Quello che normalmente già accade durante la fase di manutenzione.
Finance Board
L’ultimo dipartimento, che poi in fase di setup è quello di partenza per Sandra, permette con la propria azione principale di alzare il valore dei bot. I bot inizialmente avranno tutti il valore di 6 dollari, ma caleranno automaticamente di valore di una posizione quando creati. Con questa azione si potrà alzarne il valore per avere un maggior ritorno in punti a fine partita. Anche qui saranno presenti dei bonus che permetteranno di ottimizzare le proprie azioni.
L’azione esecutiva di questo dipartimento è molto importante in quanto permetterà di prenotare dei contratti, così da poter ottenere punti a fine partita se raggiunti gli obiettivi.
Sandra incrementerà di un passo il valore più basso dei bot.
Fine partita
A fine partita, quando un giocatore avrà raggiunto i 5 bot oppure tutti i bot di un colore saranno stati assemblati, si procederà al conteggio dei punti.
I giocatori otterranno punti per:
Ogni bot varrà il corrispondente valore raggiunto nel dipartimento finanza.
Ogni contratto coperto da un meeple bot assemblato ottenendo punti.
Per ogni coppia di token dialogo avanzati si otterrà un punto.
Punti negativi per ogni contratto non soddisfatto
Punti negativi per ogni segnalino progetto avanzato
Punti negativi per ogni parte robotica avanzata
Naturalmente chi avrà più punti sarà il vincitore. Per tenere traccia dei punti bisognerà girare la plancia Assembly Board e utilizzare i propri meeple sul conta punti.
Conclusioni
Ho tralasciato tutto il discorso della variante Inspection e dell’utilizzo di Vilela perché non ho provato la modalità in solo. Devo ammettere però che un po’ sono tentato di giocarlo in questa configurazione e, se così fosse, potrei aggiornare questo articolo.
Bot Factory mi affascina, riesce a condensare l’idea di Kanban in un gioco dalle dimensioni ridotte, ma non così ridotte da essere facilmente dimenticato. La componentistica è ottima, non mi sarei aspettato nulla di meno dall’editore, e anche gli inserti sagomati per riporlo sono il top. Posso mettere il gioco nella mia libreria in verticale, com’è giusto che sia, senza il pericolo di trovare il delirio al suo interno e senza dover utilizzare le ziplock. Ottimo anche l’Artwork ad opera di Pedro Soto, chiaro nonostante i tanti dettagli.
Ho trovato anche poche eccezioni, nonostante sia un gioco di Lacerda, quindi potrebbe piacere anche ai suoi detrattori fissati con l’eleganza dei giochi. Se proprio devo trovare un difetto, in due giocatori il gioco risulta più stretto che non in altre configurazioni, bloccandoti la possibilità di andare nel dipartimento occupato da Sandra.
Alla fine sono molto soddisfatto di questo acquisto, per fortuna qualche volta un kickstarter buono lo imbrocco!
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L’anno scorso non mi sono limitato a scrivere un articolo con il report di Ideag, ma ben due, entrambi abbastanza corposi e pieni zeppi di giochi. Questo dovrebbe far capire quanto ci abbia dato dentro a provare prototipi. Quest’anno invece ve ne propongo soltanto uno con pochi titoli, e anche questo dovrebbe far capire molte cose!
Non ho più il fisico
Teoricamente avrei potuto iniziare a scrivere di IdeaG già da domenica, essendo tornato a casa presto, ma la stanchezza e la voglia di far riposare il cervello hanno avuto la meglio. Che poi sta cosa che sono fuori forma l’ho intuita fin da sabato, quando a cena ho scoperto che Andrea Dado aveva testato qualcosa come quattordici prototipi. Il doppio del sottoscritto!
Prima però: cos’è IdeaG?
IdeaG, lo dico per quei pochissimi lettori che ancora non lo sapessero, è l’incontro tra autori di giochi da tavolo organizzato da SAZ Italia, la sezione italiana dell’associazione internazionale autori di giochi da tavolo. Quello di Parma è l’evento nazionale in cui arrivano autori da tutta Italia con i propri prototipi, ma non l’unico, infatti durante l’anno si tengono altri incontri, più piccoli, sparsi in quasi tutte le regioni. IdeaG è una macchina ben oliata, in continuo movimento e che cresce di anno in anno. Basti pensare che questa edizione ha visto più di 160 autori, circa 90 playtester e la presenza di 24 case editrici con più di 50 operatori! Fra tutti gli organizzatori da elogiare scelgo il mio caro amico Matteo Sassi perché so l’impegno e le ore passate negli ultimi mesi ad assicurarsi che tutto andasse per il meglio.
Perché IdeaG è un evento irrinunciabile?
Partecipare come autore a IdeaG permette di accrescere le proprie conoscenze in ambito ludico, superando i propri limiti, facendosi aiutare a guardare le cose da altri punti di vista. Non solo, IdeaG permette agli autori, aspiranti o già affermati che siano, di mostrare alla comunità ludica il proprio lavoro affinché gliene venga attribuito il merito. Perché? Semplicemente perché è il metodo migliore per tutelare il lavoro di un autore di giochi, in quanto non c’è possibilità di brevettare un gioco da tavolo.
Partecipare come playtester permette agli appassionati di fare parte del processo creativo che sta dietro la nascita di un gioco da tavolo, spesso marginalmente, ma qualche volta anche in maniera determinante. In una IdeaG puoi alzare lo sguardo e cogliere le idee che fluttuano sopra ogni tavolo, seguirne il flusso e sentirti parte di esse. Puoi essere presente alla nascita di un gioco da tavolo e poter dire: “ehi, l’ho giocato prima che uscisse!”
Bando alle ciance
Ok, l’ho tirata troppo per le lunghe, ma ci tengo a queste formalità.
La mia IdeaG inizia col botto. Una volta arrivato, prima ancora di poter fare il check-in, vengo tirato per mano al mio primo tavolo. Cioè, non ho nemmeno fatto tre passi che già mi ritrovo seduto, ma diciamo pure che non ho opposto poi molta resistenza.
S*****genesi
Dalla coppia Tommaso Battista e Nestore Mangone, questo gioco a tema spaziale mi ha colpito come uno schiaffo, non lasciando nemmeno il tempo di capire dove fossi. Il titolo l’ho occultato per ragioni che non vi sto a dire…
Che poi io questo gioco l’ho cercato nella lista dei prototipi per vedere se c’era un altro nome, ma non l’ho trovato. Dopotutto si tratta di un prototipo davvero molto fresco e con ancora parecchio da sistemare, ma che lascia già intravedere delle soluzioni davvero molto interessanti. Non che mi aspetterei nulla di diverso, viste le abilità dei due autori. L’idea di asteroidi che colpiscono i pianeti portando la vita, ma solo se si riesce a stare entro un range di temperatura, mi è piaciuta molto.
Alma Ata
Magicamente si sono già fatte le undici e non ho ancora fatto più di tre metri dentro il salone! Esco un attimo a completare il check-in, metto la maglietta d’ordinanza del blog, e vado a trovare il buon Carlo Camarotto che in coppia con Francesco Testini propone un gioco per due giocatori.
Un family plus di gestione carte con un set collection molto interessante, soprattutto per l’idea dei moltiplicatori limitati per i punteggi. L’idea è quella di acquistare merci dalle bancarelle, sfruttando un unico compratore che di fatto dividerà queste ogni volta fra i due giocatori. Le azioni, mediante l’utilizzo di carte, determinano il sistema di suddivisione delle merci, offrendo spunti di riflessione intensi. Le stesse carte, se non scartate per fare le azioni, si potranno utilizzare per fare punti… Altra cosa degna di nota sono le merci contraffatte, cubetti tarocchi che appesantiscono il proprio bottino e che innescano una bella situazione di push your luck.
L’unico difetto riscontrato è la durata leggermente superiore a quanto ci si aspetterebbe da un gioco di questo tipo, ma nulla che non sia facilmente risolvibile. Un gioco davvero ben realizzato.
Proseguendo nel mio girovagare, faccio finalmente il giro dei saluti, incontrando vecchi e nuovi amici e curiosando qualche tavolo. In realtà si è fatta già una certa e quindi vado a pranzo.
Savorgnan
Neanche il tempo di digerire e mi ritrovo al tavolo di Roberto Pestrin per giocare un gioco da lui presentatoci come “nulla di che”, e che invece si è rivelato essere curato e con un flusso di gioco piacevole. Soprattutto il lavoro fatto a livello storico mi ha colpito: già dal titolo, ispirato a una famiglia friulana del 1500 coinvolta nella più grande rivolta contadina d’Italia, dove pare che i protagonisti furono d’ispirazione per la creazione dei personaggi di Romeo e Giulietta…
Principalmente si tratta di una sorta deck bulding dove devi costruire un motore comprando edifici e attivandoli con i propri personaggi. Il mazzo di carte durante i turni tenderà a riempirsi di robaccia e bisognerà cercare di snellirlo per evitare di prendere punti negativi.
Mostri nel cassetto
Decido di scendere di gradazione (non alcolica tranquilli, quello mai) e mi fermo dal caro Filippo Brigo per provare un gioco per bambini suo e di Renato Millioni. Semplice ma fresco, una cosa tipo scale e pirati, ma con una leggera parte deduttiva legata al fatto che i giocatori non conoscono a chi corrispondono gli altri personaggi sul percorso. In pratica, giocando una carta nell’armadio, nel letto o nella finestra si muovono i personaggi dei colori riportati sulla stessa, se poi la carta giocata combacia con l’elemento d’arredo, si innescano delle combo attivando i simboli uguali sulle stesse righe. Giocando invece la carta nella lampada, si ottiene l’effetto contrario facendo arretrare i personaggi dei colori riportati e ricostruendo o spostando le scale che normalmente cadono dopo il passaggio dei personaggi. C’è da lavorarci, ma io me lo immagino già in versione Monsters and co…
Dopo aver fatto pausa birra con il buon The Zombeaver, Mario all’anagrafe, e Boardgame Francesco, ribattezzato per l’occasione DJ Francesco, torniamo a cercare un tavolo.
Castrum
Un gioco di conquista in cui le carte città acquisite vengono messe nella propria area, potendo così usufruire di effetti immediati o di fine partita, ma che carta dopo carta si spostano fino ad arrivare nel proprio mazzo coperto, esaurendo le loro caratteristiche. Un gioco dove si lanciano dadi a volontà e in cui la fortuna ha un peso non indifferente, ma che si lascia giocare con piacere e che ho trovato ugualmente affascinante.
È un gioco ambientato nelle città umbre che però si presterebbe bene alla creazione di espansioni. Mi piacerebbe una versione con le città dell’altomilanese! Qualcuno mi ha sussurrato all’orecchio che ricorda un gioco di Knizia, ma onestamente non saprei. Fatto sta che mi hanno regalato anche una spada!
Berlino 1960
Proseguendo nel mio girovagare, mi fermo al tavolo di Flaminia Brasini e Virginio Gigli per un party game insieme allo splendido Luigi Bove de Feo di Joco Game Studio.
Ecco, forse party game nel vero senso della parola non direi proprio. Un gioco a fazioni: CIA e KGB, con un tracciato punti alla Twilight struggle, così come le tematiche. Lo scopo sarà ovviamente quello di fare vincere la propria fazione segreta e riuscire a determinare i ruoli degli altri componenti, giocando carte coperte e rivelando azioni che andranno direttamente a coinvolgere gli altri giocatori. Fra proiettili vaganti e congetture fallaci, il rischio di affossare la propria squadra è veramente alta. Naturalmente ho sbagliato tutto, battezzando come nemico Virginio e subendo da lui lo stesso trattamento prima di accorgermi con tremendo ritardo dell’errore.
Al tavolo a fine partita per descriverlo è stato usato un aggettivo come “freddo”, non in un’accezione negativa, ma proprio di coinvolgimento emotivo e di immersività. Effettivamente questo gioco mi ha lasciato sensazioni positive e non mi dispiacerebbe rigiocarci. Sbrigatevi a farvelo pubblicare!
Sudonuts
Continuo sempre più lentamente il mio girovagare tra i tavoli e mi fermo a provare una sorta di sudoku con i donuts.
Non faccio foto perché sono già in fase calante e il mio cervello inizia a farmi brutti scherzi, quindi vi propongo l’immagine presa dalla lista dei prototipi inviatami da IdeaG. In questo gioco in solitario di Marco Rava e Simona Greco bisogna ricomporre uno schema, piazzando tutte le ciambelle in modo che non si ripetano su righe e colonne. Adoro i sudoku e regolarmente mi confronto con quelli più complessi, ma in questo caso ho difficoltà a completarne uno semplice e capisco che è arrivato il momento di alzare bandiera bianca. Peccato perché avevano un altro paio di giochi che mi incuriosivano mica poco…
Giusto il tempo di buttare un’occhiata a un paio di titoli della serie “vorrei, ma non posso” fra cui: Pionieri di Simone Prex, Moonbase di Fabio Lopiano e Nestore Mangone, e Central Park’s Tycoonsdi Andrea Mainini e Bruno Cathala (anche se quest’ultimo gioco era più un “vorrei ma non c’è mai posto”), poi il buio.
Loschi figuri in quel di Parma
Dopo una buona cena e il gioco della serata (la creazione di un gioco al tavolo a tema pesce d’aprile a IdeaG), non riuscendo ad imporre l’ennesimo gioco di schicchere, come da tradizione, mollo tutti ed esco a prendere una boccata d’aria. È relativamente presto ma sono sfatto: “Tra mezz’ora vado a letto”, ripeto come un mantra, ma attorno a me si scatenano strani eventi.
Gente alticcia che mi rapisce coi suoi discorsi arzigogolati, chiedendomi il nome tipo sette volte nell’arco di due ore e incalzando il povero Gonzalo Aguirre Bisi, costretto a spacciarsi per un non giocatore di passaggio pur di scampare a ulteriori domande biascicate. Risate e discorsi senza senso, accompagnati da amari e folate d’aria fredda nel dehor dell’hotel. “Entro dentro che non ho più il fisico”, fra i sorrisi di Ylenia D’abundo e Matteo Gravina, che ostentano tutta la loro giovinezza e mi fanno invidia mentre mi alzo dal divanetto con un “oplà”.
Come se non bastasse arriva Pestrin, che consapevole del mio bisogno di sonno, mi attira in un tranello proponendo birre e abbindolando alla stessa maniera il povero Mauro Longo. Poverino, mi sa che non verrà più. Finiamo a parlare un’ora su un divanetto di Cangaçeiros, prossimo suo gioco edito da Ergo Ludo Editions, che già mi attirava e che ora per colpa sua voglio assolutamente!
Eolo card game
Domenica. Mi sveglio e non ricordo come sia arrivato in camera. Colazione e si torna all’attacco.
Mi fermo da Marco Legnani, il mio copilota, per provare il suo gioco proposto al Premio Archimede. L’ho intravisto tante volte alle serate gioco che organizzo insieme ad amici il giovedì e a cui partecipa anche Marco, ma non ho ancora avuto modo di provarlo. Bisogna associare la carte per colore e simbolo, seguendo le logiche dettate dalle righe, per creare il proprio impianto eolico. C’è interazione nel momento in cui qualcuno decide di attaccare il tuo impianto, sfruttando carte apposite. Il fatto di essere arrivato a metà spiegazione e che pur non avendo capito alcune cose abbia vinto, mi ha lasciato perplesso. Può diventare davvero un bel gioco, ma c’è da lavorare sul bilanciamento e ovviare ad alcuni evidenti problemi di scalabilità.
Meteo
Sono carico, vado dal caro Tobia Botta, l’ho conosciuto l’anno scorso e me lo ricordo spaesato ed emozionato, invece a sto giro lo vedo a suo agio e carico a pallettoni. E poi i suoi giochi mi piacciono sempre molto!
Gioco di carte con meccanica di push your luck. Devi pianificare le vacanze e prenotare nella speranza che il tempo sia dalla tua parte, per farlo dovrai raccogliere punti sole. Ogni round si gireranno sette carte, una alla volta, e i giocatori potranno decidere se prenotare la settimana o meno, valutando i segnalini sole e pioggia già usciti. Il gioco è immediato e accessibile già dalla giovane età, ma forse un pelino troppo lungo. Meglio togliere qualche settimana.
Torri di Bologna
Incontro Giorgio Galbusera, un autore che non conosco e che mi propone Torri di Bologna, un prototipo davvero molto bello esteticamente. Sostanzialmente un gioco di maggioranze dove si piazzano tessere esagonali, si giocano carte personaggio con abilità e si innalzano torri per fare punti. Ergonomicamente difficoltoso alzare torri con i cubetti, ma già me lo immagino con elementi impilabili e strutture sagomate. Mi piace, forse da sistemare il sistema di punteggio, trovando illogico che si assegnino punti solo per le altezze e non anche per il numero di torri costruite. Sul tavolo fa comunque la sua porca figura.
È arrivato il momento di finire in bellezza con un altro gioco all’apparenza tosto.
Non ricordo il nome, ma sicuramente inizia per T
Dopotutto se l’autore è Daniele Tascini, non è che puoi aspettarti un gioco family…
Arrivo come tappabuchi a fine spiegazione del regolamento, per una defezione dell’ultimo secondo. Per fortuna mi viene rispiegato, anche se tipo messaggi vocali di WhatsApp in 2x. Un gioco di civilizzazione con una gestione dei dadi abbinata alle azioni legate principalmente all’espansione delle civiltà.
Ho capito un terzo di quello che devo capire, ma a quello ci sono abituato. Il gioco è anti intuitivo all’inizio perché ti viene da ragionare sulle civiltà dei quattro colori, ma in realtà tu, nelle vesti di una divinità, dovrai puntare sulle civiltà più sviluppate e spingere affinché accrescano il loro valore. Ho capito realmente quello che devo fare e come farlo solo a metà partita, dopodiché è risultato meno ostico di quanto pensassi. Anche qui siamo agli inizi, ma sono sicuro che ne uscirà un bel gioco che vorrò in libreria.
Per fare test ci vuole la testa
Per me IdeaG finisce qui, all’ora di pranzo faccio il giro dei saluti. Non ho nemmeno fatto l’ultima partita “alla cieca” con Stefania Niccolini, quella dove ci spiegano il regolamento, ma siamo talmente sfatti da giocare con regole nostre! Sono andato via prima. Quest’anno ho visto tanti bellissimi prototipi, ne ho provati davvero pochi e sta cosa mi dispiace un casino. Però so che l’importante non è vincere, testare.
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L’importante è essere costruttivi anche nelle critiche.
Chi mi segue da tanto tempo lo sa: di me c’è poco da fidarsi. Sono irrequieto dietro la tastiera, faccio fatica a mantenere un tono quantomeno neutro e a non infarcire i miei articoli di boiate. Mi piace partire da un’idea e magari modificare il senso dell’articolo man mano che scrivo. Sono costantemente alla ricerca di quel qualcosa che colpisca il lettore, facendolo sorridere o magari portandolo per qualche minuto a braccetto nel nostro mondo fatto di dadi, tessere, carte e meeple colorati. Mi pare che funzioni bene, ho il mio gruppo di fedelissimi lettori a cui piace quello che scrivo e come lo scrivo. Mi piace e mi sento soddisfatto.
…non fidarsi è meglio?
Qualche giorno fa sono rimasto spiazzato leggendo un commento negativo sotto un mio post di Facebook.
Poche parole forti e nette contro il mio ultimo articolo: la guida per fare soldi. Non mi era mai capitato prima, ma la cosa anziché destabilizzarmi o farmi preoccupare mi ha incuriosito. Ho chiesto quindi il perché non gli fosse piaciuto l’articolo, mentre nella mia testa iniziavano a frullare tutta una serie di possibili ragioni: troppo banale? Risultavo troppo saccente e quindi antipatico? Ho coniugato male qualche verbo e messo virgole a caso come mio solito? Mentre mi arrovellavo sulla possibile risposta, inaspettata la tragicomica verità saltava fuori: quella che inizialmente pensavo fosse una critica al mio modo di scrivere si è rivelata essere una grande incomprensione. Questa persona era realmente convinta che l’articolo fosse serio!
Ma cos…
Non me lo sarei mai aspettato. Questa cosa mi ha fatto però anche riflettere: è vero che ce ne vuole per fraintendere un testo simile, ma è possibile farlo. Il mio è un blog semiserio, non tutti lo conoscono, e non ci sono molti altri blog che prendono in giro il lettore come questo.
Quindi sì, potrei essere frainteso da quelle persone abituate a leggere solo articoli monodirezionali. Il mio modo di scrivere invece è caotico, quindi poco inquadrabile da chi non ha una mente allenata a decifrare i miei farfugliamenti.
Per fortuna, ho chiamato in aiuto la community sulla mia pagina Facebook, raccogliendo un sacco di cose inutili ma davvero molto divertenti, e soprattutto: un’idea meravigliosa. Qualcuno se n’è uscito, senza nemmeno accorgersene secondo me, con la soluzione perfetta per risolvere il problema alla radice.
Ecco a voi, da un’idea di Alex Donati, l’ironicometro de Le Cronache del Gioco!
Da oggi in poi lo troverete in ogni articolo di questo blog, così da aiutare quelle persone che hanno difficoltà a capire se fidarsi o meno di quello che leggono. Non è mica semplice riconoscere l’ironia negli articoli, da ora invece sarà più facile.
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Ieri ho provato il nuovissimo Heat: Pedal To The Metal, gioco di corse automobilistiche appena presentato a Essen dalla Days of Wonder a opera di Asger Harding Granerud, autore del famoso e per me bellissimo Flamme Rouge e di Daniel Skjold Pederse, coautore fidato con cui il primo ha già avuto modo di collaborare in diversi altri titoli di successo.
Mi ha colpito molto. Così piacevolmente colpito che ho deciso di scrivere immediatamente questo articolo per parlarvene. Ovviamente si tratta solo di un’impressione data al volo dopo solo una partita, ma spero possa tornare utile per farvelo conoscere.
Sulla griglia di partenza
Heat (tralascio il resto per comodità) è un gioco di corse automobilistiche la cui meccanica principale è la gestione del proprio mazzo di carte. Le carte, giocate a ogni turno, determineranno il movimento della propria auto sul circuito e una volta utilizzate andranno messe negli scarti. Torneranno in mano, previa una bella mescolata, quando il proprio mazzo di pesca sarà esaurito.
Nella configurazione standard, con il tracciato base, scelta la macchinina e piazzata sulla griglia di partenza, ogni giocatore prenderà il corrispondente set base composto da dodici Speed Cards, con valori da 1 a 4, a cui si aggiungeranno tre Starting Upgrade Cards, con una carta di valore 0, una da 5, unaHeat Card (surriscaldamento del motore) e per finire un numero variabile di Stress cards in base al numero di giocatori.
Mescolato e alloggiato il mazzo personale sullo spazio dedicato della propria plancia (il primo slot a sinistra), si prenderanno, anche qui in numero variabile in base al numero dei partecipanti, delle Heat Cards da posizionare nell’area centrale della plancia. Ogni volta che durante la gara si potranno scartare Heat Cards dalla propria mano, andranno riposizionate in questa area e non negli scarti. Quando invece le carte Heat dovranno essere aggiunte come malus, dovranno essere prese dal loro alloggiamento e spostate nell’area degli scarti. Il terzo e ultimo alloggiamento, quello più a destra della plancia personale, servirà proprio per riporre le carte scartate.
A ogni turno i giocatori dovranno pescare tante carte da rimpinguare la propria mano di 7 carte, e decidere in simultanea agli altri corridori quante carte giocare in quel turno. Alla fine del turno se ne potranno invece scartare dalla propria mano quante se ne vorrà, ma mai le Stress Cards e le Heat Cards. Altra cosa: non si potrà mai scorrere il mazzo degli scarti per guardare le carte già utilizzate.
Un po’ Flamme Rouge
In Heat: Pedal To Metal ogni turno viene svolto in ordine di posizione, dal corridore avanzato a quello arretrato. A differenza del già citato gioco di ciclismo, non più dando la precedenza a chi si troverà sulla casella più a destra del tracciato, bensì a chi si troverà sul “lato forte” del circuito. Il tracciato, fisso e non modulare, sempre diviso in caselle, presenta su uno dei due bordi una linea più marcata che varierà all’interno o all’esterno delle curve e dei rettilinei, dando più la sensazione di una gara automobilistica. Immaginate di essere su di una monoposto e di dover intercettare l’angolo migliore per affrontare una curva: ecco, è esattamente la stessa identica cosa. Alla fine del movimento le automobili andranno posizionate seguendo il lato forte in cui saranno giunte.
Le auto non impediranno mai il passaggio a quelle arretrate, anche quando ci si troverà ad averne due appaiate davanti. Tuttavia, se il movimento di un auto dovesse terminare in uno spazio già occupato in entrambi gli slot, bisognerà metterla nel primo spazio precedente libero.
Sulle plance dei giocatori sono presenti in alto il riassunto degli step che compongono un turno di gioco. Sulla destra il cambio.
Un po’ Vektorace
In pratica, utilizzando il segnalino del cambio, i giocatori dovranno decidere all’inizio di ogni turno che marcia impostare. Aumentare di una marcia, lasciarla invariata o scalare di una posizione non comporterà alcuna penalità, spostarsi di due marce invece obbligherà il giocatore ad aggiungere una carta Heat alla propria pila degli scarti.
A me questa cosa ha ricordato Vektorace, altro gioco di corse d’auto geniale che richiede l’impostazione della marcia, in questo caso utilizzando fisicamente una tile. La differenza è che in questo gioco la scelta viene fatta al termine del turno per impostare il successivo, ma come in Heat si sprecano carte Heat, in Vektorace si utilizzano gettoni Nitro o Gomme per accelerazioni o decelerazioni importanti.
Liberarsi delle carte Heat e rimetterle nell’alloggiamento della plancia dove non danno fastidio a nessuno è essenziale. Per farlo bisognerà viaggiare a marcia bassa, in prima o in seconda.
Le carte Heat effettivamente sono un problema. Se aggiunte agli scarti, prima o poi ti arriveranno in mano limitando le scelte di movimento. In più potrebbero causare un “bel” fuori pista, ma prima di spiegarvi il motivo conviene parlare di…
Curveeeeee
La cosa figa di questo gioco qual è? È che in base alla marcia impostata si può giocare l’equivalente numero di carte dalla propria mano. Cioè, se sei in seconda ne devi giocare due, se sei in quarta ne devi giocare quattro… Però, ovviamente c’è un però, non è che uno può piazzarsi in quarta e spingere come un dannato per tutta la gara. No, ci sono le curve!
Le curve hanno una velocità massima richiesta che, se superata dai corridori, porta a una penalizzazione: l’equivalente della differenza fra velocità richiesta è quella usata, pagata in carte Heat da aggiungere ai propri scarti.
Ricordate quando dicevo fuori pista? Non avere carte Heat da “pagare” per compensare questa differenza porterà a un fuori pista. Di fatto l’auto tornerà al primo spazio utile prima della curva, obbligando il giocatore nel turno successivo a partire in prima marcia. Piccola consolazione, si riceveranno carte Stress, una o due, in base alla velocità con cui si era affrontata la curva prima dello schianto.
Stress
Le Stress Cards generalmente sono utili ma possono diventare pericolose allo stesso momento, specialmente se utilizzate in prossimità di curve. Come funzionano? In pratica, per ogni carta stress giocata, i giocatori dovranno girare dalla cima del mazzo una carta. Se su quella carta sarà presente il simbolo di un contagiri (lo si trova solo sulle Speed Cards), allora il valore della carta sarà assegnato alla Stress Card, altrimenti se si tratterà di una Starting Upgrade Card o di una Heat Card, semplicemente andrà scartata e si procederà a girare un’altra carta dal mazzo. Spesso ci si troverà in condizioni al limite per cercare di non sforare eccessivamente con la velocità in prossimità di una curva e, data la mancanza probabile di buone carte proprio quando se ne avrà più bisogno, ci si troverà qualche volta a fare i conti con queste carte sperando nella buona sorte.
Sono sulla tua scia
La gestione degli ultimi posti è molto ben studiata, permettendo a tutti i giocatori di restare nel vivo della gara. In pratica, l’ultimo (o gli ultimi se ci sono almeno cinque giocatori) potrà sfruttare quella che nel gioco è chiamata Adrenalina. Si potrà scartare gratuitamente una carta Heat dalla propria mano e in più muovere di un passo ulteriore innescando eventualmente anche dei sorpassi.
Anche il sistema delle scie, di cui non ho parlato nell’articolo, in realtà sono una bella novità rispetto a Flamme Rouge, perché permettono sorpassi strategici e d’effetto, utili soprattutto per superare le curve più ostiche e ricompattarsi con il gruppo. Magari infilarsi all’ultima curva e soffiare la leadership.
varie ed eventuali
Quello che avete letto è il sunto di una sola partita, alcune regole possono cambiare da tracciato a tracciato. La scatola stessa, ben organizzata, contiene 8 sedi anziché 6 per riporre auto e quant’altro in previsione di una futura e probabile espansione.
Ci sarebbe da approfondire con regolamento per campionato e il bot per giocare in solo, ma non avendo proprio approcciato queste modalità, evito di scrivere di cose che non so. Però ci sono e non vedo l’ora di approfondire anche questi aspetti!
In conclusione
Se da una parte la scelta di utilizzare dei circuiti fissi, non modulari, potrebbe risultare penalizzante per un discorso di variabilità, la presenza di altre mappe risolve il problema agilmente, consentendo in più una migliore resa in termini estetici e velocizzando parecchio i tempi di setup e de-setup.
La scelta di numerare in maniera decrementale le caselle del circuito prima delle curve, permette di ragionare in maniera veloce e senza dubbi. Poi vabbè, in realtà tutti si metteranno ugualmente a contare le caselle una ad una, però la possibilità per quelli bravi in matematica resta. Insomma, i mezzi per fare bene ci sono, certo che se poi le carte buone mancano, qualche rischio bisogna pur prenderselo.
Nonostante le similitudini con Flamme Rouge per la gestione del mazzo di carte e della “fatica” – qui invece inteso come surriscaldamento del motore – Heat si spinge oltre, offrendo una variabilità gestionale che è una vera e propria boccata d’aria fresca. Non fraintendetemi, Flamme Rouge è e resta fra i miei giochi sportivi preferiti di sempre e nella sua metodicità: pesco carte – scelgo carte – scarto carte, io mi ci rifugio sempre con piacere quando voglio giocare in maniera easy, ma qui siamo a un altro livello. Se il primo lo si può considerare ottimo come introduttivo al mondo del gioco da tavolo, qui abbiamo invece davanti un gioco più articolato e strategico, dove è fondamentale sapere leggere le mosse dei propri avversari.
Se non fosse per il prezzo avrei già comprato anch’io la mia copia, ma per ora mi “accontento” di giocare con quella del buon Stefino, che ringrazio per avermelo fatto scoprire . Invidiaaaa. Curveeeeee.
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Invaders è un gioco ideato da Carlo A. Rossi con illustrazioni di Martina Naldi edito da Clementoni, ispirato al vecchio videogioco anni 80 Space Invaders. Un titolo per 2-4 giocatori della durata di 30 minuti circa a partita e adatto dai 7 anni di età. In questo gioco cooperativo di memoria, i giocatori dovranno affrontare orde di alieni che lentamente caleranno sulla terra, cercando di colpirli con dei razzi. Attenzione però, gli alieni verranno colpiti soltanto dai razzi recanti lo stesso loro colore, lasciando passare quelli di colore diverso! In Invaders serviranno un’attenta pianificazione, una buona memoria e un pizzico di fortuna!
Nella scatola
Il gioco è composto da una plancia Rotte d’invasione stampata su entrambi i lati, per permettere una modalità di gioco avanzata che vedremo in un secondo momento. Per le partite base si utilizzeranno 48 tessere Alieno, con rappresentati gli alieni in 6 diversi colori, 12 tessere Razzo e 1 mazzo di 16 carte Invasione.
Nella preparazione del gioco si dovranno mescolare le tessere Alieno e Razzo insieme, per poi sparpagliarle coperte tutte intorno alla plancia. Il mazzo di carte, una volta mescolato anch’esso, andrà posto coperto vicino alla plancia di gioco.
Due fasi
Il gioco è un collaborativo che si articola in due distinte fasi:
Pianificazione
Invasione
Pianificazione
Ogni giocatore, a turno, dovrà girare a faccia in su 6 tessere fra quelle coperte per poi disporle in pile sui tre diversi quadrati scuri in alto sulla plancia, siano esse tessere Alieno che tessere Razzo. Sarà possibile inoltre piazzare un Razzo in ognuno dei tre spazi in basso: la Riserva. Piazzate le prime sei tessere toccherà al giocatore successivo fare la stessa cosa, rivelando a sua volta altre 6 tessere e piazzandole a propria discrezione nella sequenza ritenuta più opportuna. Una volta terminate tutte le tessere si passerà alla fase successiva.
Invasione
Le tre pile formatesi in alto dovranno essere capovolte e riposizionate sullo stesso quadrato. Ora, il giocatore di turno, potrà decidere fra due possibili mosse: rivelare una carta dal mazzo Invasione, oppure non pescare e utilizzare un razzo dalla Riserva.
Rivelando la prima carta del mazzo Invasione, si otterranno delle informazioni: il numero esatto di tessere da scoprire e da quale colonna (una freccia rossa sulla carta indicherà il numero della colonna corrispondente a quella stampata sulla plancia). Le tessere saranno rivelate una alla volta e saranno poste una sotto l’altra, occupando un quadrato stampato sulla plancia ognuna. Appena verrà rivelato un razzo bisognerà distruggere gli alieni del colore corrispondenti per poi rimuoverlo dal gioco.
I razzi dalla riserva potranno essere utilizzati, uno per turno, al posto di pescare la carta dal mazzo, per cercare di allentare la discesa degli alieni. Una volta terminati i tre Razzi nella Riserva non si avranno più alternative, se non girare la carta e sperare di aver programmato bene le tessere.
Gli alieni attaccano!
Gli alieni caleranno in una quantità variabile da 2 a 5 tessere per corsia. In un caso raro (una carta su sedici) potranno scendere di due tessere su tutte e tre le corsie! Bisognerà valutare con attenzione quando rischiare la pesca e quando invece utilizzare i razzi della riserva.
La fine del gioco giungerà in due diverse situazioni:
Non c’è più posto sulla corsia per una tessera Alieno pescata: la terra è distrutta
Le carte Invasione sono terminate e nessun alieno ha oltrepassato l’ultima tessera del tracciato: la terra è salva!
Come affrontare la sfida
Invaders è un cooperativo, quindi sarà consentito in ogni momento parlarsi, ma sarà sempre il giocatore di turno a decidere cosa fare. Bisognerà fare attenzione nel programmare le tessere, ricordandosi che durante la fase invasione tutte le pile verranno ribaltate. I razzi potranno colpire solo gli alieni già presenti sulle corsie, anche perché, assolto il loro lavoro, dovranno essere rimossi dalla plancia. La scelta se pescare una carta o lanciare un Razzo dalla Riserva dovrà essere ben ponderata, perché un errore di valutazione potrebbe rivelarsi fatale.
Modalità avanzata
Girando la plancia si potrà giocare con la versione avanzata. In pratica bisognerà aggiungere le 6 tessere Nave Madre e decidere di volta in volta, quando rivelato un razzo durante la fase Invasione, se colpire gli alieni o direttamente l’astronave. Per vincere in questa modalità bisognerà sopravvivere alla discesa degli alieni, ma anche distruggere la Nava Madre, eliminando tutte e sei le tessere.
Nel regolamento sono presenti anche una versione Difficile, una versione Estrema e addirittura una versione Impossibile, in cui si aggiungeranno dei coefficienti di difficoltà con delle nuove tessere.
La terra è in buone mani… o forse no?
Piccolo consiglio pratico sull’unica criticità riscontrata, per evitare incidenti: fate molta attenzione nella fase Invasione quando girate le pile! Non lasciatelo fare ai bambini perché le tessere sono tante e il rischio che possano cascare di mano è reale. Ecco, non fatelo fare nemmeno ai papà maldestri come il sottoscritto!
Sì perché io, che bambino non sono più da un pezzo, sono riuscito ugualmente a fare un mezzo pasticcio ribaltando le tessere di una pila alla nostra prima partita! Con la collaborazione di mio figlio siamo comunque riusciti a ricomporre la pila com’era in origine (almeno credo) e tornare a giocare. Ammetto che la terra se l’è vista davvero brutta in quell’occasione, ma a un passo dalla sconfitta ci siamo salvati!
Conclusioni
Invaders è stato un acquisto non preventivato della mia ultima visita a Play Festival del Gioco di Modena, la fiera più importante d’Italia per quanto concerne il gioco da tavolo. Quando mi è stato spiegato allo stand della Clementoni sono rimasto piacevolmente colpito dall’idea e dal sistema di gioco. L’autore attinge dalla propria meccanica preferita, offrendo un memory ben ambientato, che parte da una fase di programmazione e che quindi può essere affrontato con consapevolezza, non necessariamente affidandosi unicamente alla fortuna. In più, i giocatori si trovano davanti a delle scelte non sempre semplici da prendere: rischiare la pesca di una carta, oppure affidarsi a un Razzo della Riserva?
Invaders è un gioco semplice da capire e facile giocare, ma che nasconde un livello di difficoltà che nelle prime partite può risultare impegnativo anche a livello base. La possibilità di aumentare la difficoltà, adattando il gioco all’età dei partecipanti, è un’ottima cosa e aggiunge longevità al gioco. Il rapporto qualità prezzo è imbattibile (10,90 euro al momento sullo shop di Clementoni) se considerate che si tratta di un gioco completamente Made in Italy!
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Così, senza quasi accorgermene, anche questa Play 2022 è finita. Non ci credo! Tutto l’anno ad aspettare, poi tutto scorre così in fretta che ti sembra di sentire il tempo scivolare via dalle mani…
Non voglio fare un post troppo lungo, che poi mi sgridate. Cercherò di condensare.
Venerdì
Nonostante le sole due ore di auto di distanza che mi dividono da Modena e la partenza intelligente alle 6:15 del mattino, mi cucco ugualmente un’oretta di ritardo, di cui 40 minuti passati tra l’uscita di Modena Nord e il parcheggio della fiera. Per fortuna che ho il telepass altrimenti sarei ancora lì in coda probabilmente!
Appena entrato mi accorgo subito che c’è qualcosa di strano: c’è una marea di gente! È venerdì! Ma da quando in qua il venerdì c’è tutta questa gente? Oltretutto metà di quella gente era in coda davanti allo stand della Cranio, quasi bloccando il passaggio all’altra metà del padiglione! Ho pensato “Ma oggi regalano i giochi?“.
Mi incammino e faccio un salto nel gabbiotto destinato alle interviste con La Tana dei Goblin e scopro che quest’anno la saletta non è la stessa dell’anno scorso., è un’altra. Quella striminzita. Mi pare si chiami Sala Sauna, ma potrei sbagliarmi.
Antò fa caldo!
Lo hanno già detto tutti, lo so, ma che caldo faceva? Ma poi, perché cavolo nessuno ha letto il mio articolo (questo) sull’importanza del lavarsi e usare il deodorante?! Io da bravo blogger intelligente mi sono portato magliette di ricambio e kit di salvataggio ascelle, ma molti hanno pensato bene che non fosse necessario!
Comunque, un caldo insopportabile già dal mattino, ma con il peggio che doveva ancora venire. Almeno per me e pochi altri impavidi! Dalle 14:30 infatti io, Francesco di Boardgame Francesco, Gianluca e prole di Boardgame Italia, Lorenzo di Board Game Physicist e Angelo Lo Chef Ludico avevamo una demo prenotata nella Blue Room di Pendragon Game Studio. Un cubo di plexiglass (potrebbe essere lexan o un altro policarbonato, non saprei) che mai come in questa occasione mi è sembrata una stanza delle torture! Un caldo fotonico che per due ore buone ha rubato ogni goccia d’acqua nel nostro corpo tramutandolo in sudore. Perché siamo rimasti lì dentro? Perché stavamo provando una cosa fighissima!
Escape from New York
Mamma mia ragazzi, io la devo smettere di andare a queste demo che poi finisce sempre che mi innamoro dei giochi! Diciamo che c’è ancora parecchio da lavorarci, ma l’idea dell’autore (Kevin Wilson) è davvero intrigante e con la supervisione Pendragon e lo sviluppo di MauroChiabotto possiamo dormire sonni tranquilli.
Quello che più mi piace di questo gioco (oltre all’aderenza con il film) è che, pur essendo un american e un collaborativo (brrr), nasconde una bella varietà nelle condizioni di vittoria che lo rendono imprevedibile e teso fino alla fine. E poi si può interpretare JenaPlissken e mollare la squadra per vincere da soli. Cosa si può volere di più?!
Il gioco è relativamente semplice: al proprio turno ogni giocatore utilizzerà due carte dal proprio mazzo per muoversi, distruggere ostacoli, colpire nemici o eseguire azioni speciali. Maggiori saranno i punti azione sulle carte utilizzate, maggiori saranno le risposte del nemico comune (New York) guidato da un mazzo bot. Lo scopo sarà quello di trovare il presidente e un modo per fuggire dalla città entro un numero massimo di round.
Per ogni giocatore, una volta esaurito il proprio mazzo di carte, per riprenderle in mano bisognerà eliminare una carta tempo dalla plancia di gioco. Come nel film il tempo sarà determinante, fungerà da countdown alzando il livello di tensione e scatenando una vera e propria corsa frenetica. Una spada di Damocle sopra la testa dei giocatori, i quali dovranno fare i conti coi tanti nemici e ostacoli presenti sulla mappa.
La mappa di gioco si rivelerà man mano, randomizzando le zone a ogni partita, lasciando al giocatore tutto un ventaglio di scelte strategiche in base alle situazioni di gioco. Questa è una delle cose più piacevoli: la scoperta della mappa e il poter decidere come affrontare la situazione, anche in base alle carte rimaste nella propria mano.
Noi abbiamo provato una variante senza bot, con quella che dovrebbe essere un’espansione in cui un giocatore, interpretando la città di New York, ostacola gli altri giocatori rispondendo colpo su colpo in maniera mirata e con un sistema di gioco asimmetrico. Diretto, coinvolgente, spietato e decisamente infame!
Come dicevo c’è ancora da lavorare, soprattutto per il downtime, ma ho davvero apprezzato l’idea generale e certe trovate stilistiche. Aspettiamo il Kickstarter, che tanto ho già capito che pledgerò!
Scivola scivola scivola scivola
Il mio venerdì è poi scivolato via inesorabile, rimbalzando fra i padiglioni e passando più tempo a salutare amici che a giocare. Di alcuni giochi non approfondisco qui perché ho intenzione di scrivere qualcosa in separata sede.
La sera è stata la ciliegina su una splendida giornata: cena al ristorante con bis di primi (e che primi) e gnocco e tigelle a volontà. Cibo ottimo e compagnia sublime grazie all’organizzazione di Angelo lo Chef Ludico.
Sabato
È stato il giorno in assoluto dove ho camminato di più (15.300 passi, circa 11 km). Strano, considerando che ho fatto un’oretta e mezza fermo nella Sala Sauna per le interviste in collaborazione con Play e Tana. Il mio slot era dalle 10:00 alle 11:00, ma non so come mi sono trovato alle 9:30 a intervistare i ragazzi della Ergo Ludo Editions.
Il buon Agzaroth mi ha acchiappato mentre passavo e sbattuto davanti alla telecamera 20 secondi prima della diretta. Molto divertente! Nonostante il mio essere impacciato davanti a queste situazioni, tutto è filato liscio. Per fortuna con i ragazzi polacchi della Trefl o Fabryka-Kart sono stato aiutato da Francesco LudoeCrudo, che con l’inglese è un drago. Dopo l’ora e mezza di sauna sono tornato a vivere la fiera.
Un piccolo passo per un uomo
Nel pomeriggio sono stato ospite di Fever Games per un’oretta e mezza, assaporando un clima meraviglioso circondato da persone simpatiche e appassionate. Ho fatto un paio di partite a One Small Step di cui però parlerò più approfonditamente in un articolo separato.
Ho provato anche Two Rooms e nonostante abbia perso (sicuramente per colpa di Riccardo Ielo, non mia) l’ho trovato molto interessante, inaspettatamente piacevole (è pur sempre un collaborativo brrr), insolito e fuori dagli schemi. Probabilmente dopo un paio di partite e conoscendo meglio le carte si riuscirebbe anche a vincere!
La sera a cena, sempre con i ragazzi della Fever Games (gentilissimi ad accogliermi al loro tavolo), è stato il culmine di un’altra giornata da incorniciare. In realtà avrei dovuto mangiare e successivamente fare un salto al Pub delle Fate dall’amico Denis, ma purtroppo la cena è durata un pelino più del previsto… Seduti dalle 20:15 il primo piatto è arrivato intorno alle 22:30! Volevo mangiare il tavolo!
Domenica
L’ultimo giorno in cui si concentrano le stanchezze dei precedenti è durato solo mezza giornata. Sono partito in quarta andando allo stand del Magnifico per giocare a Messina 1347 appena portato in Italia da Tesla Games. Non dico nulla sul gioco perché anche qui voglio fare un articolo a parte, ma posso dire che è stato il gioco che più ho apprezzato in fiera. Che colpaccio!
Poi ho avuto al tavolo tre persone squisite Valeria, Stella e Manuel e un ottimo dimostratore, Matteo, come poteva andare storto qualcosa? In generale agli stand dei Goblin ho visto l’impegno e la passione di tanti ragazzi. Alcuni di loro (Dave parlo di te) alle prese con due tavoli contemporaneamente, ma mica solo di giochini, anche di pesi massimi da far tremare le gambe! A loro va tutto il mio ringraziamento perché è un sacrificio che non tutti sono disposti a fare. Bravi!
Dopo aver pranzato ho iniziato il lungo giro dei saluti. Per me era arrivato il momento di tornare a casa per sopraggiunto livello massimo di sopportazione del caldo e stanchezza. Avevo anche finito le magliette di ricambio!
Conclusioni
Ok avevo detto che sarei stato breve, sapevate e sapevo anch’io che non ci sarei riuscito, ma considerando tutto quello che c’era da dire, sono stato piuttosto bravo! In realtà ho evitato di parlare di tanti giochi, ma lo farò nei prossimi giorni!
Questa play è stata un successo, finalmente siamo tornati ad abbracciarci. Il caldo eccessivo è stata l’unica nota stonata, ma nemmeno quello ha potuto fermare la voglia repressa che da troppo tempo ci attanagliava. Ora testa alta ai prossimi impegni: il Picnic Ludico di Luglio e GiocAosta ad agosto. Grazie Modena, arrivederci all’anno prossimo.
Play 2022 è finita. Evviva Play! Sbrigati Play 2023, stiamo già contando i giorni che ci separano!
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